Naro e Ravanusa hanno accolto la Reliquia del Giudice Beato

Continua, senza soste il pellegrinaggio della reliquia del Beato Rosario Angelo Livatino per i comuni dell’Arcidiocesi. Dopo la tappa di Favara la reliquia è stata accolta dalla comunità ecclesiale di Naro e, successivamente, dal 25 al 27 ottobre 2021, dalla comunità di Ravanusa.

In entrambi i Comuni, insieme alle Autorità civili, si sono tenuti momenti di preghiera e di riflessione che hanno richiamato alla memoria la testimonianza viva e di grande attualità del Martire per la Giustizia, ucciso per mano mafiosa a motivo della fede professata. Significative le tappe presso gli istituti scolastici dei due Comuni, dove i protagonisti sono stati gli studenti che si sono preparati al momento con elaborati e momenti di riflessione, guidati dai loro docenti.

La visita a Naro.  Sosta alla Cooperativa Livatino (vedi il programma)

La Comunità Ecclesiale della Fulgentissima Naro ha accolto la teca con la camicia intrisa di sangue, dal 18 al 20 ottobre. “Tre giorni di grazia – ci dice don Paolo Morreale  – hanno impreziosito lo scorrere del tempo, quasi fosse un Triduo di esercizio dello spirito che si è preparato per osservare le meraviglie che lo Spirito Santo ha compiuto in questo Laico rendendolo un gigante della Testimonianza, sicuramente per l’apporto evangelico che ha dato alla lotta contro la mafia”. Tanti i momenti, per le Celebrazione Liturgiche che si sono alternati, nelle tre Comunità pastorali di cui è articolata la Città.  Dopo la Celebrazione Eucaristica per l’accoglienza è seguita una veglia di adorazione con ascolto prolungato della Parola che ha percorso il tema del Martirio.Ai presenti – ci dice ancora don Paolo – è stato offerto il segno di una piccola camicia di carta che, “accolta volontariamente, e timbrata con cera lacca e punzone con la sigla STD, a modo di macchia di sangue, è stata una presa di coscienza al donarsi come il Giudice spinti dalla forza dello Spirito. Numerose le persone – continua – in questa occasione si sono accostate al sacramento della Penitenza”. Sono seguiti poi diversi incontri formativi tra cui primeggia, oltre a quelli con le scuole, il Convegno a “Casa ConteplemplAttiva” – il  Centro Sociale del Comune, gestito dalla omonima associazione – che ha messo a disposizione i locali perché si potesse gustare un momento alto di Spiritualità nella Cultura, con testimonianze dirette e interventi artistici che hanno toccato le fibre del cuore nell’espressione massima lirica della canzone “Il mio piccolo giudice (Alolò)” del Medico-artista Salvatore Nocera Bracco “Ninnalolò ninnaluledda, lu lupu si mangià la picuredda. Picuridduzza mia comu facisti quannu mmucca a lu lupu ti truvasti”. È stato – inoltre – presentato “L’uomo, il Giudice e il Capolavoro dello Spirito”. Moderato da don Paolo Morreale, il Convegno è stato sostenuto dagli interventi di don Giuseppe Livatino, dall’Avvocato Dott. Giovanni Tesè, e dal Medico artista Dott. Salvatore Nucera Bracco. Ciascuno ha focalizzato magistralmente uno degli aspetti dell’unico Protagonista. Ne è emersa – prosegue don Paolo – una profonda voglia di emulazione di una santità semplice e feriale e al contempo profonda e ricercata. Forte il tema di implicazione affettiva nel ripetersi, non per caso fortuito ma per l’emergere provvidenziale, del legame del figlio con la madre, del patos sintetizzato dal legame uterino che ha pervaso il cuore dei numerosi intervenuti. Anche l’incontro con le Istituzioni – ci dice ancora don Paolo – ha dato spessore a questo fiume in piena della Santità laica di un Cristiano autentico che ha servito lo Stato ed ha vissuto la fedeltà che aveva giurato assumendo di volta in volta un incarico a difesa della Legge”. L’accoglienza della Reliquia in via Rosario Livatino, all’ingresso sud della Città; le parole di accoglienza del Primo Cittadino, Mariagrazia Brandara pronunciate a Santa Maria di Gesù, in cui ha raccontato dell’alunno Rosario Livatino che lei ha conosciuto al Liceo Classico di Canicatti, poiché entrambi alunni della Prof.ssa Ida Abate che ha insegnato loro il senso della coerenza, della giustizia, della rettitudine,  princìpi che Livatino ha fatto propri, con una coerenza tale che lo ha portato al martirio; esortando affinché questi principi possano essere interiorizzati da tutti, veicolati tra le giovani generazioni, per una società diversa e un domani migliore; è seguita poi, la breve sosta nella Sala del Consiglio Comunale, impreziosita dal sottofondo del “Grido del cuore” di Giovanni Paolo II alla Valle dei Templi, e la visita degli uffici.

Significativa la visita alla Cooperativa “Rosario Livatino” che opera nelle terre confiscate alla Mafia con procedimenti dal Giudice Beato e in cui si respira il riscatto di ciò che era un tempo segno del malaffare ma ora serve alla cultura della legalità; è servito a ristabilire la natura della vita del Giudice che aveva operato visibilmente in ambienti civili e dai quali aveva tratto motivo per immergersi Sotto lo Sguardo di Dio. Il Presidente della cooperativa,  Giovanni Lo Iacono (foto accanto),  così ci parla della sosta: “Vedere da vicino – ci dice – il simbolo dell’estremo sacrificio, comporta per i soci della cooperativa una profonda riflessione rispetto alla responsabilità di gestire i beni sequestrati dal giudice Livatino. Proseguiremo – conclude – nella gestione dei beni con il massimo impegno affinché il lavoro svolto da Rosario Livatino non sia vano”.

(dal settimanale diocesano “L’Amico del Popolo”)

 

 

La visita a Ravanusa (25-27 ottobre) (vedi programma)

Nella sosta a Ravanusa è stato il segno preparato in Chiesa Madre, dove è stata deposta la reliquia per la venerazione dei fedeli, a fare da filo rosso della visita. “Abbiamo voluto evidenziare, ci dice il parroco, don Filippo Barbera, il martire Livatino immerso nel mistero pasquale, del Signore morto e risorto. La croce, il cero pasquale e il fonte battesimale, avvolti dai drappi colore rosso e bianco a significare il sangue versato (rosso) e la veste battesimale (bianco)”.  Un segno che richiama alla memoria – di chi scrive – le parole pronunciate da mons. Damiano nella sosta a Palma di Montechiaro quando parlando della camicia-reliquia disse: “La indossava il 21 settembre del 1990 un giovane uomo della nostra terra che ha compreso il sacramento del battesimo non come un mero atto religioso ma come vita nuova in Cristo nella Chiesa per portare frutto di opere buone nella società. Questo significa che con il battesimo siamo resi partecipi del mistero pasquale di Cristo”.

Don Filippo, che il giorno del assassinio, ha impartito la assoluzione sub conditione al Giudice appena ucciso, transitando da contrada Gasena, durante la concelebrazione eucaristica delle parrocchie della città ha letto l’esperienza umana e cristiana del Beato Martire Livatino alla luce del mistero pasquale (leggi qui il testo integrale dell’omelia). Ha invitato chi ha compiti educativi ad educare i ragazzi e i giovani a vivere “secondo Dio” per il bene dei fratelli. “Educhiamoli – ha detto –  al senso del dovere, alla responsabilità, al rispetto di tutti e di tutto. E questo può avvenire – ha proseguito – solamente guardando a Cristo, vivendo il suo Vangelo di verità e di santità, di grazia… C’è una bellissima orazione – ha detto –  che suona così: Ispira le nostre azioni, Signore, e accompagnale con il tuo aiuto, perché ogni nostra attività abbia sempre da te il suo inizio e in te il suo compimento.” Questo era lo stile di vita del Beato Livatino. E per questo modo di vivere e agire, secondo Cristo e non secondo la logica del mondo è stato martirizzato”. Ha, infine anagrammato il nome Rosario, spiegando come nel mondo biblico il nome imposto indicava una vocazione. Insomma, un nome, una vita:

Riconoscenza a Dio e ai genitori,

Obbedienza alla Legge di Dio e alla Legge degli uomini,

Servizio,

Amore per Dio e per i fratelli,

Rigore di vita e di lavoro,

Intraprendenza,

Onesta.

Virtù e qualità profondamente umane, e perciò autenticamente cristiane”. E citando le parole di mons. Carmelo Ferraro il giorno dei funerali ha concluso dicendo: “Volevano spegnere una luce, e invece hanno posto questa luce su un candelabro… Al venerdì Santo della Passione seguirà inesorabilmente la Domenica di Risurrezione. Questo delitto non sarà l’ultima parola. La potenza del Signore Gesù Crocifisso e risorto porrà su un candelabro di luce questo innocente, fratello umile e silenzioso discepolo del Signore Gesù. Il mondo guarderà per imparare alla luce del Vangelo che cos’è la giustizia e la purezza di cuore, il rifiuto della pena come vendetta, il recupero dei cosiddetti irrecuperabili”. In fondo la Peregrinatio,portando in giro quello che può sembrare il segno di una vita tolta (la camici intrisa di sangue), altro non sta facendo che accendere luce nei cuori di giovani e adulti e rischiarare i sentieri del nostro vivere da cristiani nella città degli uomini sull’esempio di Rosario.

Dopo il ritorno della reliquia nella Cattedrale di Agrigento, il 28 e il 29, per l’Assemblea Ecclesiale nella prima memoria liturgica del Beato e l’inizio del Cammino sinodale diocesano , ad ospitarla sarà il comune di Campobello di Licata l’11 e il 14 novembre.

 

Carmelo Petrone