Sei nuovi presbiteri per la Chiesa agrigentina

Giovedì 1 ottobre 2020,  nella Basilica Cattedrale di Agrigento, per l’imposizione delle mani e la preghiera d’ordinazione dell’Arcivescovo, card. Francesco Montenegro,  sono stati ordinati sei presbiteri: Carmelo Davide Burgio, della Comunità ecclesiale di Porto Empedocle, Alessio  Caruana  e Dario Fasone, della Comunità ecclesiale di Agrigento, Salvatore  Piazza di Menfi, Calogero Putrone e Matteo Mantisi della Comunità ecclesiale di Realmonte.

A concelebrare, i presbiteri dell’Arcidiocesi di Agrigento,  il vescovo coadiutore, mons. Alessandro Damiano e mons. Calogero Peri, vescovo di Caltagirone che ha dettato gli esercizi spirituali ai neo presbite in preparazione all’ordinazione.  In Basilica erano presenti rappresentanze, civili ed ecclesiali, delle comunità di origine, dei parenti ed amici degli ordinandi, secondo le misure che l’emergenza sanitari impone. Il solenne rito di ordinazione, animato dalla corale diocesana – al fine di favorire la partecipazione dei tanti che non hanno potuto accedere in Cattedrale –   è stato trasmesso, a cura del Centro per La comunicazione dell’Arcidiocesi di Agrigento in diretta streming, sul canale You Tube (vedi qui)dell’Arcidiocesi e sui relativi profili social.

Suggestivo e ricco di gesti e di segni il rito di ordinazione: la chiamata per nome dei candidati, il dialogo tra il vescovo ed il rettore del seminario, don Baldo Reina che ha chiesto, a nome della Chiesa agrigentina, che Alessio, Davide, Calogero, Dario e Matteo fossero ordinati presbiteri. L’Arcivescovo, dopo essersi sincerato che ne fossero degni, li ha eletti all’ordine del presbiterato. È seguita poi l’interrogazione e la promessa di obbedienza tra le mani del Vescovo, ed il suggestivo momento delle litanie dei santi con gli ordinandi prostrati a terra in segno di consegna della propria vita a Dio, l’invocazione dello Spirito, l’imposizione delle mani sul capo e la solenne preghiera di consacrazione, quindi l’unzione delle mani col sacro crisma, la vestizione dei paramenti sacerdotali (la stola e la casula) da parte dei parroci delle comunità di provenienza e la consegna ai neo presbiteri della patena con il pane e il calice con il vino accompagnata dall’invito a trasformare in vita la celebrazione eucaristica: “Ricevi – ha detto a ciascuno l’Arcivescovo –  le offerte del popolo santo per il sacrificio eucaristico. Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai. Conforma la tua vita al mistero della Croce di Cristo Signore”. Il rito d’ordinazione si è concluso con l’abbraccio dei neo presbiteri con il vescovo e con tutto il presbiterio presente a significare l’entrata a far parte di esso e la loro accoglienza in seno ad esso.

L’Omelia del card. Montenegro

il card. Francesco Montenegro

L’arcivescovo nell’omelia,  rivolgendosi  agli ordinandi chiamandoli per nome,  ha detto : “ Tra poco sarete consacrati presbiteri. Il sogno diventa realtà. Però nonostante siete arrivati al traguardo non fate spegnere il sogno, per evitare che il vostro ministero diventi subito vecchio e pieno solo di cose da ripetere per abitudine. Continuate a sognare perché “il vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato.” Li ha invitati a continuare e sognare “non abbiate timore – ha proseguito –  di essere considerati degli illusi” e citando mons. Camara ha detto: «Se non ci fossero i sognatori! Il problema non è che ce ne sono troppi, ma troppo pochi. Non c’è bisogno di gente che cammina tra le nuvole, ma di gente che coltiva l’utopia, culla l’utopia, che fa i sogni diurni, quelli che si realizzano. Siamo diventati troppo praticoni, troppo realisti, troppo abituati a camminare con i piedi per terra!».

“… A furia di non sognare più, la nostra fede, diventata quasi matematica, dimenticando di essere la religione dei volti, diventando lentamente sempre più esperta in pozzanghere e scordando, un po’ alla volta, il Cielo o considerandolo solo un traguardo lontano da raggiungere alla fine del cammino terreno, mentre il sognatore è impegnato a realizzare quanto il Signore desidera: riempire di cielo la terra… Il sognatore… parla affascinato e sedotto da un Dio che ama, ride, piange, e che ha pure un punto debole (è il suo punto d’ onore!) sono i poveri, i carcerati, i malati, gli affamati, gli ultimi, i ‘nessuno’. Chi non sa o non vuole – ha affermato –  sognare abita sì in questo mondo, ma da straniero”. Ha poi  messo in guardia gli ordinandi a non svuotare del suo vero significato la parola “sognare. “Sognare – ha proseguito –  non è fantasticare… ma costruire solidamente, andare dentro le cose, volare alto e cercare l’oltre”.

Fatte queste premesse ha chiesto loro: “di non diventare mai i ragionieri o i tecnici della pastorale”. E citando il Card. Van Thuan ha presentato loro il suo sogno: «Sogno una Chiesa che sia una “Porta santa” sempre aperta, che abbraccia tutti, piena di compassione, che comprende le angosce e le sofferenze dell’umanità, che protegge, consola, guida ogni creatura umana alla tenerezza del Padre». Ed in fine l’augurio: “Sognate in grande, ad occhi aperti, per non restare impantanati in quelle misure standardizzate che immediatamente sembra regalino una vita placida, ma in effetti la svuotano un po’ alla volta. Come serve un architetto per progettare una casa, o un muratore per costruirla, serve un sognatore per viverla al meglio. Fate diventare il sogno lo stile del vostro ministero. Sentirete il Signore vicino a voi. Lui è il grande sognatore. La Bibbia è piena dei Suoi sogni”.

Ha poi ricordato loro che saranno presbiteri della chiesa agrigentina e questo, ha ricordato “non consideratelo un caso…Voi siete qui – ha proseguito –  non solo perché anagraficamente appartenete a questo territorio, ma perché è Gesù che vi invia a portare alla nostra cara gente di Agrigento la sua bella notizia. Svolgerete in questa terra il vostro servizio, ma guardate sempre oltre l’orizzonte, c’è l’Albania e c’è un mondo che vi appartiene e a cui dovete sentirvi mandati.

Siate preti per il mondo, non accontentatevi dei piccoli confini. Il vostro cuore sia grande, ma non solo quanto la diocesi o la parrocchia, ma molto di più. Quanto il mondo!… Citando,  poi, le parole di Pietro: “Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge.” (1 Pt 5, 2-3) ha ricordato che , qualora si dovessero spegnere i sogni, il protagonista nella chiesa è Gesù. Noi siamo pastori sotto e dopo di lui, anzi – ha precisato –  il sacramento dell’ordine ci configura a lui. Cioè «siamo chiamati a prolungare la sua presenza, unico e sommo pastore, attualizzando il suo stile di vita e facendoci quasi sua trasparenza» (PDV 15). Più che per le vostre capacità sarete credibili se sarete  trasparenti, se lo farete vedere”. Non è mancato poi un consiglio legato all’attualità e forse ad un certo costume che ha preso non pochi preti: “Non è il protagonismo o l’apparire moderni la strada da percorrere, le stesse forme nuove come internet, facebook, possono sembrare inizialmente allettanti nuove vie di evangelizzazione, lo sono senz’altro, ma spesso, se usate per mettersi in mostra, (fotografie, giudizi, foto, condanne), diventano sabbie mobili. Il pulpito – ha detto –  non è mai un cortile o una piazza. È lo spazio di Dio, facebook – ha detto –  invece è solo il nostro spazio, anche se tentiamo di ammantarlo coi colori di Dio. Se la gente non troverà in voi Cristo, si allontanerà. Lui è l’acqua viva, noi fontanelle che non sempre dissetano, se non a secco.

Siate uomini liberi – ha detto ancora – anche quando dovrete obbedire, l’obbedienza resta sempre una virtù. Non agite da funzionari”. Ha poi citato, nel giorno della memoria liturgica di S. Teresina, le sue parole:  «Nel cuore della Chiesa io sarà l’amore ed in tal modo sarà tutto e il mio desiderio si tradurrà in realtà»; In conclusione rivolgendosi in maniera esplicità agli ordinandi ha chiesto loro:  “… di amare la chiesa. E l’amore – ha evidendiato – spesso è volontà e sofferenza. Una pecorella vale quanto 99. L’importante è amare. Gesù ha detto: “Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita… Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso” (Gv 10-17-18). Fate tutto di buon animo, senza lasciarvi guidare da interessi personali e particolari. Qui sta la differenza tra mercenario e buon pastore. E soprattutto . ha detto –  non fatevi padroni della vostra gente, ma siate modelli e servitori. Il gregge è di Dio, non è vostra proprietà…” Ma ancora: “Siate gioiosi nel vostro ministero. Sarà la vostra migliore omelia. Annunciate il Vangelo e vivetelo come la «notizia bella» di Dio agli uomini. Un giornalista scrisse che «la gioia è una allegria seria», cioè è parente stretta del sorriso e della speranza oltre che essere collegata alla fede. La gioia finisce quando non si aspetta più nulla e non si spera più nulla; quando si cerca troppo tempo per se, non si ama visitare i malati, si ha da dire di tutto e di tutti per non impegnarsi così in niente, o ci si nasconde dietro a spiritualità tanto disincarnate quanto inutili, quando si amministrano i sacramenti senz’anima, quando le aspirazioni personali e pastorali vanno al ribasso.

Ha chiesto loro, infine, di “non dimenticare mai il dolore che è nel mondo. È tanta la gente che soffre schiacciata da una agghiacciante solitudine. Ai poveri date tutta la vostra attenzione e la vostra amicizia; è il Vangelo a collocarvi – non tocca a voi scegliere – dalla loro parte. I poveri umiliati e affamati di amore e di pane sono chiamati da Gesù «luce, lievito, sale», e sono loro il senso del mondo. Se è così, nonostante iI mondo li rifiuti, sono necessari all’umanità come il lievito alla pasta. E se sono ‘senso’, è allora vero che il futuro ha i piedi scalzi. Non prendete perciò mai la distanza da ciò che accade nella strada, vicino o lontano, non temete di avvicinarvi all’uomo d’oggi e parlargli anche di Dio”. E rivolgendosi a tutti ha concluso: “Prego per voi 6, per tutti noi, sacerdoti e laici, perché possiamo passare dagli atteggiamenti di separatezza e giudizio, alla tenerezza tra fratelli, a essere costruttori di  pace, esperti donatori di ‘sapore’ di vita, artigiani di prossimità”. Al termine della Celebrazione Eucaristica, prima del concedo ha preso la parola il rettore del Seminario, don Baldo Reina, che ha ha espresso un grazie corale all’Arcivescovo e  alle tante persone di cui il Signore si è servito per giungere fino a qui: A partire dai genitori e poi quanti hanno aiutato i neo presbiteri nel discernimento e nella crescita vocazionale presso il nostro Seminario docenti e compagni di viaggio, alle comunità parrocchiali di origine, e  ancora gli Amici del Seminario, i benefattori e a tutte le persone che nel silenzio hanno dato il loro prezioso contributo.

Le prime Messe nelle comunità di origine

I novelli presbiteri presiederanno la prima volta la Celebrazione Eucaristica nelle loro comunità di orgine nei seguenti giorni:

  • don Salvatore Piazza, giorno 2 ottobre, alle ore 18.00 al Teatro del Mare di Menfi.
  • don Matteo Mantisi, sabato 3 ottobre, alle ore 18.00 in p.zza Umberto I a Realmonte.
  • don Calogero Putrone sabato 3 ottobre, alle ore 18.00, in p.zza Umberto I a Realmonte.
  • don Alessio Caruana, lunedì 5 ottobre, alle ore 18.00, nella Chiesa San Nicola Agrigento.
  • don Davide Burgio, martedì 6 ottobre, alle ore 18.00, nella Chiesa Madre di Porto Empedocle.
  • don Dario Fasone, mercoledì 6 ottobre, nella Chiesa San Pio X Agrigento.
IL VIDEO INTEGRALE DELL’ORDINAZIONE