San Gerlando, solenne Pontificale in Cattedrale

Dal 17 al 25 febbraio la Chiesa agrigentina ha celebrato san Gerlando patrono dell’Arcidiocesi. Diversi i momenti spirituali e culturali che hanno scandito il programma dei festeggiamenti. Nei giorni precedenti il 25 febbraio il Busto reliquiario di San Gerlando è stato “pellegrino” per la Diocesi. È stato accolto dalla comunità ecclesiale di: Cammarata, Sacro Cuore Immacolato di Maria di Agrigento, Villafranca Sicula ed Aragona.

Sabato 22 febbraio l’urna argentea del santo patrono è stata portata in processione per le vie della città di Agrigento con una sosta nella Basilica Immacolata in occasione dello speciale Anno giubilare mariano.

Il giorno della Festa, il 25 febbraio, il solenne pontificale è stato celebrato in Cattedrale. A presiederlo è stato mons. Vincenzo Bertolone, figlio della chiesa agrigentina originario di San Biagio, arcivescovo dell’Arcidiocesi Catanzaro-Squillace e postulatore, della fase romana, della causa di canonizzazione del giudice Rosario Livatino.

L’arcivescovo di Agrigento, Francesco Montenegro, a inizio della celebrazione eucaristica ha ringraziato mons. Bertolone per avere accettato di presiedere la messa in onore di San Gerlando. «Siamo legati a te – ha detto Montenegro – non solo per le radici agrigentine ma per avere sperimentato la tua vicinanza e la tua amicizia in tante occasioni per il bene e la crescita della nostra Diocesi. Hai messo le tue competenze e il tuo lavoro a servizio di questa chiesa dando vita ad un cammino comunitario con la terra calabrese». Una terra ha ricordato l’arcivescovo Montenegro che come la nostra vede sia il fenomeno migratorio che quello emigratorio e che si trova a vivere un momento di difficoltà economica. «Diocesi – ha sottolineato Montenegro – che hanno dovuto ripensarsi per comprendere come reinterpretare le nuove sfide che la realtà odierna presenta loro». L’arcivescovo Montenegro ha poi concluso ringraziamento le autorità civili e militari presenti e la comunità ecclesiale di Canicattì che offrirà l’olio per la lampada che arde dinanzi le reliquie di San Gerlando.

Mons. Bertolone nella sua omelia ha richiamato la figura di San Gerlando come esempio per essere cristiani «significa da sempre – ha detto mons. Bertolone –, farsi prossimo, scendere dall’alto e donarsi, cioè mettere la propria vita a disposizione del gregge del Signore. Il nostro Vescovo e patrono Gerlando esercitò il suo ministero e riseminò il Vangelo in terre islamizzate dove con grave pericolo si poteva manifestare di essere cristiani, infatti, erano vietati i segni esteriori di culto, il suono delle campane, la costruzione di nuove Chiese e ancora più grave, il divieto assoluto di ogni forma di annuncio del Cristo e del vangelo. Il diritto di far proseliti lo avevano solo i musulmani. Anche l’epoca odierna è caratterizzata da un’anemia culturale e spirituale che richiede un’energica terapia di rigenerazione umanistica e  cristiana serenamente aperta ai segni dei tempi  mirata a vivifìcare il mondo. Bisogna ritornare alle radici, alla fonte, riscoprire la centralità dell’annuncio di Cristo, l’annuncio della fede da cui tutto il resto prende significato». Ed ancora: «Il Vescovo Gerlando è accanto, a noi e si mette al nostro servizio per insegnarci, tra l’altro, a servire il gregge del Signore! Perché tutto ciò ci sia chiaro basta che comprendiamo il significato del “segreto del Messia”, proprio come faceva lui, aspettando che ciascuno scoprisse di non essere un “mercenario”, ma pastore che non abbandona le pecore. Venendo a noi chi è guida, animatore, responsabile di un gruppo o d’una comunità deve sempre camminare davanti alle pecore per difenderle dai “lupi” che possiamo oggi identificare nella mafia e nella corruzione. Sull’esempio di Gesù e di san Gerlando diamo tutti noi stessi ai fedeli, giacché il vero primato nella Chiesa, suggerito dal Dio umanato, è proprio questo: farsi bambini, nell’aura del Natale: se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti. Non si è uomini per ciò che si possiede (finanza, ricchezze e potere) o per qualità, o per la cultura o per le doti personali, ma solo per ciò che si è dinanzi a Dio. Nel Catechismo, rispondiamo spesso alla domanda: chi è Dio? Dio è Colui che per amore nostro, si mette nelle nostre mani: “Prendete e mangiate”, questo è il mio corpo (Mt 26,26).

È, il Dio Amore, che si mette nelle nostre mani., ma non ha l’altro/gli altri in mano (questo sarebbe il potere, la soppressione dell’altro). Gesù si mette nelle mani degli uomini, col rischio che essi lo uccideranno. Egli, pastore buono, rinuncia consapevolmente alle insegne della gloria e del potere, per essere un Dio inerme. La nostra mano è per prendere, la sua per donare e donarsi. Ciò ci fa pensare al rapporto sempre critico tra uomini di Chiesa e potere, tra Chiesa e mondo. Un santo, qual è Gerlando, ci ricorda che, dall’ostilità al cosiddetto «mondo», dalla logica del muro contro muro, bisogna passare all’assunzione di questo mondo, visto come possibile valore, perché vi si trova comunque in opera l’incontenibile e l’imprevedibile Spirito Santo, di cui noi pastori dobbiamo imparare a conoscere i segni nel tempo».

Mons. Bertolone ha poi chiesto ai presenti: «A che serve celebrare la festa del patrono?». «Serve – ha proseguito l’arcivescovo – a riscoprire la nostra fedeltà alle scelte e ai valori in cui si crede e per i quali si vive, per i quali si “impara” ad essere fedeli, leali, amici di tutti, cortesi, retti, trasparenti amanti della natura in cui viviamo, obbedienti, con una visione positiva delle cose capaci di aiutare gli altri servendoli. Ma il cuore deve ridondare di Grazia che è una parola luminosa sulla quale poggia e regge la fede della vita cristiana che è, appunto, vita di grazia nella pratica della giustizia, della solidarietà, dell’accoglienza, della nonviolenza. Niente più della grazia rappresenta Dio.[2] “Tutto è grazia” per l’umanità, e senza grazia non c’è né fede né cristianesimo né speranza. Ora, carissimi presbiteri, carissimi fedeli, la logica del profitto, ignora la grazia e rende difficile la comprensione del concetto di essere “servi inutili” del Vangelo: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» (Lc 17,10), niente utili, niente vantaggi; Servi senza potere, né rivendicazioni, né secondi fini, che agiscono, come il nostro santo festeggiato: solo per amore. Servi inutili vogliamo essere anche noi, credenti, ma di quell’inutilità che fa di noi dei profeti, che rende il nostro essere fecondo, di quella fecondità divina che ci fa contribuire ad orientare in silenzio la storia verso il suo orizzonte di pienezza. Credente, mi ripeto, è chi comprende e fa sua la logica della grazia, ovvero del donare senza nulla chiedere in cambio. La grazia, come l’amore, è radicalmente fuori dalla logica del do ut des, della bilancia, del tanto quanto. Per cui in nessun caso l’inutilità può essere confusa con l’indifferenza e l’inerzia nei confronti delle situazioni d’ingiustizia, di violenza, di povertà. Il servo inutile si nutre della parola di Gesù: gli va dietro e ne segue le orme. Oggi non c’è chi non sia consapevole di una crisi che stanno attraversando la Chiesa cattolica e il cristianesimo. Ne è consapevole Papa Francesco che cerca, comunque e sempre di indicare l’unica “uscita di sicurezza”: la pratica del Vangelo: invitandoci al servizio “inutile”, solo per amore».

E poi concludendo ha invocato San Gerlando affinché «ridesti in tutti e in ciascuno la vocazione cristiana originaria della nostra bella terra agrigentina, senza chiusure e senza arroccamenti! A questa terra viene oggi ripetuto dalla liturgia della Parola: Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità. Come essere premurosi di fronte ai nuovi poveri che, dal mare, bussano oggi alla nostra terra, sfiniti da tante, troppe, necessità materiali e morali? Nella nostra terra, carissimi, c’è la vocazione all’accoglienza e all’ospitalità! Sarà per la sua collocazione geografica, sulla costa meridionale dell’isola, per le sue relazioni mediterranee che, nei primi secoli cristiani, ne fecero l’emporio del grano, del sale e dello zolfo. Tutto ciò si ripropone, oggi, proprio per la sua vicinanza all’Africa dalla quale provenivano, fin dal I secolo d.C., lucerne con i simboli della nostra fede». Mons. Bertolone ha concluso la sua omelia invocando l’intercessione di Maria Immacolata in questo Anno giubiliare mariano.

Come da tradizione, prima della benedizione finale, un rappresentante del Corpo della Polizia locale della Città di Agrigento, ha recitato la preghiera al Santo. A seguire dinanzi l’urna argentea contenente le reliquie di San Gerlando è stata accesa la lampada che arde costantemente. Ad offrire l’olio per la lampada è stato il comune di Canicattì rappresentato dal sindaco Ettore Di Ventura. Al termine della Celebrazione, in processione, i fedeli con gli arcivescovi Montenegro e Bertolone si sono diretti verso la Chiesa Sant’Alfonso, dove si è proceduto con l’intronizzazione dell’Evangelario in quella che sarà la “Casa della Parola”.