Racalmuto – funerali coniugi uccisi, mons. Damiano: “Custodiamoci vicendevolmente”

“Ci troviamo convocati per consegnare nella preghiera, al Signore della vita, Giuseppe e Rosa – genitori, nonni – membra, per il battesimo ricevuto, di questa comunità ecclesiale, parte di questa comunità civica, fratelli e sorelle in umanità”.

Sono le prime parole dell’omelia pronunciata dall’Arcivescovo di Agrigento, mons. Alessandro Damiano, oggi, 19 dicembre 2022, nella Chiesa Madre di Racalmuto per i funerali di Giuseppe Sedita e Rosa Sardo, marito e moglie uccisi dal figlio lo scorso 13 dicembre. “Una vita – ha detto – strappata alla terra in modo drammatico, in quel luogo “sicuro” che è considerata la casa ma così, ci gridano le cronache, non è. In qualche modo siamo tutti discendenti di Adamo nell’atto di nascondersi agli occhi di Dio, come i bambini agli occhi dei genitori dopo aver combinato un guaio; come Caino “sordo di cuore” all’appello del buon Dio: «dov’è tuo fratello».

Il sangue sparso da vittime innocenti – ha proseguito – si unisce misteriosamente al sangue della Vittima innocente a cui «si innalza il sacrificio di lode. L’agnello ha redento il suo gregge, l’innocente ha riconciliato noi peccatori col padre».

Tempo di Avvento, di attesa di quel Bambino che attendiamo glorioso, Signore della storia; persi nel fascino di un Natale sempre più effimero dove il festeggiato è posto in un angolino, a volte dimenticato nel presepe e anche nella nostra vita.”

Facendo riferimento alla Parola proclamata, mons. Damiano,  ha evidenziato come “la pagina del Vangelo ci riporta alla realtà: i giorni passano, la vita scorre: «… come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti». Siamo distratti, assuefatti alla routine della vita come i contemporanei di Noè. Che fare?” L’apostolo Paolo così come all’antica comunità di Roma, oggi esorta tutti noi: «è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti».

Ancora una volta – ha evidenziato –  – eventi, mancanti di parole per qualificarli, ci svegliano, ci scuotono. Ci ricordano che siamo un’unica famiglia umana, indebolita nella fraternità e nella solidarietà da quel verme che Papa Francesco chiamò «globalizzazione dell’indifferenza». Le nostre cittadine, le nostre comunità sono a “dimensione umana”, è un’occasione per «per indossare le armi della luce» e così indirizzare «i nostri pensieri su tutto ciò che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode». Rivestiamoci del Signore Gesù Cristo: facciamoci solidali gli uni gli altri – ha concluso – come il buon Dio, nel Natale del suo Figlio si è fatto solidale con l’umanità; riscopriamo la carità e custodiamoci vicendevolmente”.

 

(fonte L'Amico del Popolo)