“Mai dire mai”: a Canicattì incontro con don Marco Pozza

Giovedì 24 novembre, alle ore 20.30, si terrà nella chiesa di Santa Chiara in Canicattì un incontro con don Marco Pozza – cappellano del carcere di massima sicurezza “Due Palazzi” di Padova – dal titolo «Mai dire mai. La misericordia è la più alta forma di ingiustizia». Il titolo deriva direttamente da un docu-film sul carcere, prodotto dal regista Andrea Salvadore, in onda il 6 e il 13 novembre alle 23.00 su Tv2000.

L’incontro è proposto dal Circolo “La Croce” di Canicattì, in sintonia con l’evento dell’anno scorso sul gender, e ha come obiettivo primario la cura della dimensione sociale dell’evangelizzare. Per questo il Circolo si è avvalso del coinvolgimento di tutte le realtà parrocchiali presenti nel territorio canicattinese, che hanno collaborato e accolto positivamente la proposta. Da questo scaturisce un ulteriore obiettivo dell’iniziativa: creare un asse “laico” dentro la Chiesa che possa lavorare e credere più in ciò che unisce che in ciò che divide.

mai-dire-maiDi cosa si parlerà durante l’incontro?

Ogni detenuto è una storia, un volto, un percorso. Le loro storie sono uno specchio rotto del nostro passaggio su questa terra. È cosa difficile aggiustarle, ma conoscere le ragioni di una rottura può aiutare a penetrare quelle sbarre, che chiudono come in un magazzino tante vite così differenti. In occasione – e a conclusione – dell’anno della Misericordia, assieme a don Marco vogliamo provare a uscire dalla lunga notte in cui tutte le storie sono buie, per mostrare una realtà che è più vicina alla vita di ciascuno di noi di quanto possiamo immaginare.

Chi è don Marco Pozza?

«Un prete di galera»: così ama definirsi don Marco Pozza (Calvene, 1979), parroco della Casa di Reclusione “Due Palazzi” di Padova. Sacerdote dal 2004, dopo aver trascorso i primi tre anni del suo sacerdozio come viceparroco in un quartiere di Padova, perfeziona gli studi teologici conseguendo il Dottorato in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, dando forma e spessore, oltreché al sapere teologico, alla sua passione per la scrittura e il giornalismo. Convintosi della freschezza del Vangelo dopo averla incrociata in volti splendidi di preti di frontiera, sin dai primi giorni di sacerdozio ha scelto di fare della strada il suo salotto: mostrare, prestando la voce, quanto di vasto sia nascosto dietro la miseria è la posta in gioco del suo essere uomo e sacerdote.

Una sfida che è anche l’immagine stessa di Chiesa da lui sposata, prendendola a prestito da un’espressione di san Giovanni XXXIII: «Non siamo al mondo per custodire un museo, ma per coltivare un giardino». Il giardino della galera, per l’appunto: proprio quel mondo dal quale, ancor bambino, aveva imparato a tenersi a debita distanza. Per non infettarsi dell’imperfezione: «M’avevano insegnato che gli sbagli esistono, che le persone sbagliate esistono. Non m’avevano spiegato bene, forse, che a sbagliare potrei essere anche io» ammette con estrema franchezza. Una terra di frontiera, la galera, dentro la quale i fili del bene s’intrecciano, gioco forza, coi fili del male, finendo per fare della grazia cristiana un fattore d’appassionante decifrazione: a guardarla da fuori, essa non è sempre comprensibile. È la sfida che si accende nel suo cuore di sacerdote.

Sostenuto da una penna vivace e forte di uno sguardo capace di riconoscere, dentro l’inferno, ciò che inferno non è, ha imparato a farsi amare e apprezzare proprio dentro quei luoghi nei quali Cristo sembrava essere diventato la “solita storia”, raccontata apposta per annoiare: le strade di periferia, le piazze affollate di sguardi, le carceri dense di disperazione. Spazi nei quali l’uomo tenta di saziare la sua sete d’infinito abbeverandosi alle fontane di falsi infiniti. È proprio qui che don Marco sembra aver trovato il punto d’appoggio del suo sacerdozio.

Amatissimo dai ragazzi (ai quali dà appuntamento nel suo frequentatissimo sito emblematicamente intitolato www.sullastradadiemmaus.it), ogni mattina rilancia a se stesso la sfida ricominciando da dietro le sbarre del carcere: sembra che dall’incontro coi poveri qualcuno ne esca sfigurato. Anche trasfigurato, per aver forse scoperto che in quella terra che era di nessuno abita proprio ciò che andava cercando sin dai primi giorni del suo sacerdozio: la possibilità di essere un uomo vero, scrollandosi di dosso l’insostenibile idiozia di apparire perfetto.

I titoli stessi dei suoi romanzi sono su questa lunghezza d’onda: Penultima lucertola a destra. La sconfitta è l’arma segreta dei vincitori (Marietti, 2011), Contropiede. La vittoria è impossibile solo per chi non va in fondo ai propri sogni (San Paolo, 2012). Anche i suoi saggi non sono da meno: L’imbarazzo di Dio (San Paolo, 2014), L’agguato di Dio (San Paolo, 2015).

Non solo titoli: anche traiettorie. Don Marco collabora anche con la Rai nel programma “A sua immagine”, e con Tv2000 nel programma “Bel tempo si spera”.