La reliquia del Beato Livatino a Menfi

Devozione, interesse, rispetto e commozione: la peregrinatio reliquiae del Beato Rosario Angelo Livatino ha fatto tappa a Menfi per una tre giorni ricca di esperienze formative, confronti e raccoglimento. Tanti i fedeli accorsi alle concelebrazioni, molti gli alunni delle scuole che hanno preso parte alle iniziative organizzate appositamente per loro, in cui conoscere meglio la vita del magistrato agrigentino ucciso dalla Stidda e interagire con domande e lavori realizzati in classe coi docenti. “È una grande emozione avere avuto la possibilità di ospitare nella comunità di Menfi la reliquia di Livatino – ha detto il sindaco Marilena Mauceri -. Una testimonianza di grande senso di giustizia e di sacrificio di un giovane magistrato che ha offerto la sua vita per il bene comune”.

L’accoglienza in Chiesa Madre domenica 22 maggio con la Santa Messa presieduta da Don Gero Manganello, delegato dell’Arcivescovo per la peregrinatio: “C’è stata una grande partecipazione del popolo e la venerazione rispettosa verso la reliquia – ha detto l’arciprete Don Alessandro Di Fede Santangelo – una partecipazione non solo agli eventi, ma alla sua vita e martirio, segno di una preparazione interiore. A volte Menfi sembra ai margini della Diocesi, perché si trova ai suoi confini occidentali – ha aggiunto – ma eventi come questo aiutano a sentirsi un’unica Chiesa, come di fatto è”. Una riflessione estesa anche al modello di santità: “La vita di Livatino, il suo essere credente e credibile, ha fatto comprendere che la santità appartiene a tutti coloro che vivono il Vangelo nella quotidianità”.

Una santità che passa anche attraverso la legalità, come è emerso lunedì 23 maggio, nel trentennale della Strage di Capaci, dall’incontro con le scolaresche intitolato “A scuola di legalità. Le memorie di tutti: Il maresciallo Giuliano Guazzelli, i giudici Rosario Livatino, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. L’eredità dei martiri della giustizia”, organizzato dall’I.C. Santi Bivona di Menfi al Centro Civico. C’erano, tra gli altri, Valerio Landri, direttore Caritas diocesana, il colonnello Vittorio Stingo, comandante provinciale Carabinieri, Salvatore Cardinale, già presidente della Corte d’Appello di Caltanissetta, e Lilli Genco, direttrice Ufficio stampa Diocesi di Trapani: “Il 23 maggio è una giornata che mi ha segnata e continua a segnarmi – ha detto la Dirigente scolastica, Francesca Cusumano –. A distanza di trent’anni c’è il rischio che resti solo una memoria sbiadita, ma per noi è fondamentale insegnare ai ragazzi che i martiri di giustizia non sono supereroi, ma gente che si alzava ogni mattina per andare a lavorare: l’esempio che possiamo dare – ha concluso – è fare il nostro dovere, senza prevaricare né tentare di ottenere ingiustamente ciò che non ci spetta di diritto”.

Le domande dei ragazzi hanno messo in luce proprio l’esemplarità dei martiri di giustizia per gli adolescenti di oggi: “La coincidenza di date e ricorrenze sembrava ricercata e invece è stata felicemente casuale – ha detto il prof. Salvatore Castronovo, che ha promosso l’iniziativa –. La presenza della reliquia e l’incontro con le autorità ci ha dato l’opportunità di una riflessione più ampia sulla legalità: un lavoro iniziato in classe che certamente non si esaurisce qui, anzi: rientra nei capisaldi della mission di noi educatori”.

Nel pomeriggio la reliquia è stata accolta nella parrocchia Maria SS. della Consolazione con una concelebrazione in memoria di S. Rita presieduta dall’arciprete; nella mattinata di martedì, invece, le classi IV e V del S. Bivona e alcune rappresentanze delle superiori si sono recate in visita al reliquiario: “Rosario ha costruito la sua santità, non si è alzato una mattina dicendo: «Oggi dò la mia vita allo Stato» – ha detto don Gero –. La sua professione era la sua vocazione: è un modello perché ciascuno deve capire qual è il proprio posto nella storia e occuparlo”.

Tra ammirazione e desiderio di comprendere, gli studenti hanno restituito emozioni, cartelloni, poesie, domande e delle coloratissime tele in stile pop art, con i ritratti di alcune vittime di mafia – inclusi Padre Puglisi e il maresciallo Guazzelli – realizzate dalle terze medie del S. Bivona guidate del prof. Giuseppe Mogliacci. “Mi ha colpito perché è rimasto ad Agrigento, quando sarebbe potuto andare a lavorare lontano” ha detto Andrea, 9 anni. “Ammiro il suo coraggio di abitare sotto casa di un mafioso” ha aggiunto Francesca di 10. “Continuo a pensare a quando ha chiesto ai suoi killer: «Picciò, che vi ho fatto?» – ha sottolineato Lillo, 11 anni – lui davvero non aveva fatto nulla se non il proprio dovere”.

Nel pomeriggio la concelebrazione col clero locale presieduta da don Stefano Nastasi, vicario foraneo. “Rosario Livatino ha molte caratteristiche di attualità che spingono a identificarsi – ha concluso don Gero – la peregrinatio ha effetto dopo, quando si va via: chiediamo il dono di percorrere la via della testimonianza, buon cammino!”.                           Antonella Giovinco               

(dal settimanale diocesano “L’Amico del Popolo”)