Convegno Ecclesiale di Firenze, card.Montenegro: « sarà un momento di ascolto integrale»

“In Gesù Cristo, il nuovo umanesimo”. È il titolo che guida il Convegno Ecclesiale Nazionale che si terrà a Firenze dal 9 al 13 novembre. Si riuniranno i rappresentanti di tutte le Diocesi – ci sarà anche una rappresentanza di Agrigento – per riflettere su “quale umanesimo oggi”.
Prima di partire per l’appuntamento fiorentino abbiamo incontrato l’arcivescovo Francesco Montenegro.

Don Franco che cosa si aspetta da questo convenire della Chiesa italiana a Firenze?
Sono convito che sarà un momento di ascolto concreto, plurale e integrale; ma anche un momento d’interiorità e trascendenza. Questo ascolto diventerà una chiara indicazione di strada da percorrere. Una strada ricca di volti, di persone, di esperienze, che danno vita a processi di cambiamento, mobilitano risorse, combattono l’indifferenza. Una strada che, percorsa insieme, valorizza specificità e differenze. Ci attende un lavoro pastorale che costituirà una grande opportunità per essere Chiesa che vive la comunione, che annuncia con franchezza apostolica il Vangelo e si lascia sempre formare da Cristo Maestro. Sarà un impegno entusiasmante, quello che ci attende, perché è in sintonia con tutta la Chiesa e sarà in grado di creare sinfonia tra di noi credenti e tra noi e gli ‘altri’, a condizione che lo affrontiamo con umiltà e con grande spirito di fraternità, senza la preoccupazione di fare molte cose ma di crescere insieme, come Chiesa “una”, capace di dialogo e di stare in ascolto delle voci del mondo.

Che significa porsi in ascolto dell’umano?
«Ascoltare l’umano significa – ricorda la traccia per Firenze – vedere la bellezza di ciò che c’è, nella speranza di ciò che ancora può venire, consapevoli che si può solo ricevere». Credere è sentirsi inviati a tutto il mondo. Questo nostro tempo, le nostre città, gli uomini e le donne che li abitano, aspettano questa Chiesa. Non una Chiesa con strutture e organizzazione perfette, chiusa nelle sue, spesso spente, devozioni, ma una Chiesa umile, che cammina coraggiosamente seminando speranza. Chiesa che non si accontenta di celebrare l’Eucaristia, perché sa che deve continuarla mettendosi per strada, attrezzata di brocca e di catino assieme a un asciugatoio, cercando e preferendo quei luoghi in cui si incontrano quanti nel loro corpo e nel loro spirito sono segnati come il Crocifisso. In loro Lo riconoscono e Lo servono, e mettendosi a suo servizio scoprono che ciò che vale più nella vita è sentirsi dire: “Sono contento perché finalmente mi sento uomo come gli altri e finalmente sento anch’io la gioia di vivere. E questo lo devo a te”. È il miracolo dell’amore che tutti possiamo fare.

C.P.