“Amoris Laetitia” le suggestioni del card. Francesco Montenegro

In seguito alla pubblicazione dell’Esortazione post-sinodale “Amoris Laetitia”, il cardinale Francesco Montenegro – che al sinodo sulla Famiglia dell’Ottobre ha preso parte come padre sinodale e come moderatore di uno dei tre circoli italiani – ha redatto un testo che pubblichiamo di seguito nel quale, il cardinale, offre le sue “suggestioni di Vescovo” e presenta alcune parole-chiave del testo dell’ Esortazione post-sinodale di Papa Francesco

Premessa
La lettura del testo offerto alla chiesa da Papa Francesco – “La gioia dell’amore” – a seguito dei due sinodi sulla famiglia richiede un attento approfondimento fatto di lettura, di studio e di riflessione su come farlo diventare strumento di azione pastorale per le coppie e per le famiglie. Ogni considerazione “a caldo” potrebbe risultare incompleta e bisognosa di ulteriori riflessioni a motivo della ricchezza e dell’ampiezza del testo che affronta tantissimi argomenti. Vi offro le mie suggestioni di Vescovo che accoglie le indicazioni del Papa e tiene conto di quanto il Sinodo ha discusso; su tali indicazioni dovremo impegnarci perché la nostra sia sempre più non solo la chiesa cara a Papa Francesco ma quella che ha voluto il suo Fondatore.
Per questo tento di presentarvi alcune parole-chiave del testo, che tornano con una certa frequenza e che possono illuminare la realtà dell’amore nella famiglia, mentre lascio a ognuno di voi la lettura del testo.

1. L’ascolto e la sinodalità
La prima riflessione la faccio su ciò che precede il testo e lo motiva. Il Papa consegna alla Chiesa l’Amoris Laetitia (sigla AL) dopo i due sinodi – uno ordinario e uno straordinario –  sulla famiglia. La sinodalità, ovvero, il camminare insieme, sollecita il mettersi in ascolto in un clima di comunione e di comune discernimento. Il Papa, per formulare la sua proposta alle famiglie, oltre a mettersi in ascolto dei pastori dei 5 continenti e di esperti, ha chiesto a tutti di mettersi in ascolto di ciò su cui si doveva discutere: la famiglia. È un metodo senz’altro complesso (ha richiesto, infatti, tempo e certamente si è esposto a dei pericoli), ma è in sintonia con l’agire di Dio. La sinodalità deriva dalla logica dell’incarnazione e dell’inculturazione, per cui prima di dire qualcosa sulla famiglia, partendo “dall’alto”, e sulle conseguenti indicazioni da eseguire, accoglie le istanze, le difficoltà e le sofferenze che vengono “dal basso”, cioè da chi vive in famiglia, e da chi, all’interno di essa, si è trovato a fare i conti con le ferite e le cadute in un cammino non facile che però attende una parola di speranza dalla chiesa e dal magistero.
Il Papa indicando l’importanza dell’ascolto delle famiglie prende le distanze dalle fredde analisi sociologiche che considerano la famiglia come un problema o una realtà piena di problemi, sia dalle ricette da applicare alle famiglie senza tenere conto delle differenze culturali o dei cambiamenti ai quali la famiglia è continuamente esposta. L’ascolto richiede un’attenzione pastorale che si traduce nel farsi compagni di viaggio, nel mettersi accanto per capire cosa accade, per leggere gli eventi e interpretarli con intelligenza e diligenza. L’ascolto dei bisogni, delle ferite, delle grida di dolore, delle fatiche quotidiane … è più difficile delle formule predisposte ma serve per la crescita di ogni umana realtà.
La prima attitudine che colgo da AL è quella all’ascolto. Il testo passa in rassegna molte situazioni che la famiglia oggi vive – dalla povertà al rapporto con gli anziani, dall’ educazione dei figli alla condizione della vedovanza, dalle dipendenze alla teoria gender etc… – senza però mai mettersi nell’atteggiamento di chi condanna, perché questa provoca distanza, ma nella prospettiva del pastore che si fa vicino e con delicatezza ascolta, accompagna e propone. In diversi numeri il Papa si sofferma su questo atteggiamento ecclesiale e invita tutti a una sincera autocritica: chiudere la famiglia in una stretta gabbia di norme alla fine produce l’effetto contrario di ciò che ci si propone; al contrario, un accompagnamento umile e paziente può innescare un processo di accoglienza, di formazione che induce i singoli a ritrovare le giuste motivazioni per vivere meglio la scelta fatta.

2. Il realismo
La conseguenza dell’ascolto e della sinodalità è il realismo. Si guarda alla famiglia partendo da ciò che la famiglia vive e sperimenta. Realismo, tuttavia, che non deve far pensare solo alla “realtà dei fatti”, a una semplice fotografia dell’esistente. Ma che fa riferimento ai concetti che fanno la realtà, alle idee che la illuminano, alle ragioni che la motivano, ai contenuti che la sostengono. Cerco di esprimermi meglio. La lettura del testo oscilla fra elementi dottrinali e considerazioni attuali: diversi capitoli sono dedicati alla realtà della famiglia nella Bibbia e nel Magistero, alla spiritualità della vita familiare, al commento di brani scritturistici (bello quello che prende in esame l’inno alla carità di San Paolo – 1 Cor 13 – e lo contestualizza) che hanno a che fare con la famiglia e alla descrizione delle sfide che l’attendono. Questa ricchezza di dottrina nel testo di AL si confronta con quanto le famiglie vivono, soprattutto con le situazioni di sofferenza e di fallimento. Mi viene da dire che si tratta di una teologia che guarda verso l’alto ma con i piedi per terra! Il realismo così non significa seguire la tendenza del momento ma non dimenticare la Verità di sempre – quella della Parola tradotta dal Magistero – che si confronta con la situazione attuale; è, insomma, un cammino a tappe. Realismo, dunque, è allenarsi a tenere gli occhi aperti: tanto su Dio quanto su ciò che la famiglia vive. Questi due poli – dottrina e vita – si completano e si esigono a vicenda: è monca la dottrina sganciata dalla vita concreta ed è incompleta la vita delle famiglie priva della dottrina. Il punto di congiunzione di queste due realtà è la pastorale (ed è fortemente pastorale il tono del documento) liberata da preoccupazioni normative che spesso si trasformano in pesi posti sulle spalle dei credenti e orientata ad un accompagnamento amorevole e paziente. Inteso in questo modo il realismo proposto da Papa Francesco non fa scivolare nel pessimismo di certe analisi; ogni difficoltà viene vista come una sfida (termine molto utilizzato nell’AL), come un’occasione da cogliere, e non come qualcosa di cui avere paura, per arrivare ad affermare che l’annuncio della gioia dell’amore non si può vivere trascurando i problemi ma a partire da essi. Nelle parole del Papa c’è una conversione di linguaggio e di senso che consente di parlare di tutto serenamente (dal sesso alle tendenze omosessuali, dalle ferite ai fallimenti) senza mai alzare steccati ma mantenendo un atteggiamento di dialogo nella chiarezza, di “verità nella carità”.

3. Il discernimento
Con questa ‘parola-chiave’ entriamo in uno degli aspetti più delicati e interessanti del testo. Il discernimento fa riferimento alla capacità di leggere la presenza di Dio nelle complesse realtà del mondo e di ogni creatura. Colloco di proposito il discernimento dopo l’ascolto e il realismo perché, secondo me, è la conseguenza di entrambi. Cioè: dopo essersi messi in ascolto di ciò che la famiglia vive e aver letto ogni cosa con la lente del realismo della Parola e della vita, ne consegue il discernimento che aiuta a mantenere ciò che è utile, a togliere ciò che danneggia, a scrutare le novità con la fantasia della carità. Il discernimento è necessario soprattutto quando si parla di famiglie ferite e segnate dal fallimento e lo si usa per evitare di generalizzare ogni cosa. Ad esempio, a proposito dei legami che finiscono, il Papa afferma che non tutti i soggetti in questione hanno le medesime responsabilità e allora un sano discernimento richiede che non si può far ricadere su tutti in modo identico il peso della stessa norma. Discernimento significa capacità di accoglienza e di accompagnamento. Senza discernimento è facile cadere nel pregiudizio che allontana, condanna ed esclude; con il discernimento la comunità – attraverso i suoi pastori – affina l’orecchio, si mette in discussione, cerca di capire cosa fare per integrare e includere affinché, soprattutto chi ha sperimentato il fallimento familiare, si senta ugualmente figlio e figlia di Dio e si lasci abbracciare da Lui per un cammino di fede che può sempre ricominciare. Il discernimento permette di applicare la legge della gradualità quella che fa aderire alla norma poco alla volta, attraverso un cammino di crescita, di comprensione, di continui tentativi e di richiami. Tra la pretesa di imporre a tutti delle norme, scoraggiando chi, per diversi motivi, non è stato capace di osservarle e quella della presentazione graduale delle ragioni e delle motivazioni, in modo che chiunque si può rimettere in discussione, si preferisce questa seconda strada. Nel Vangelo Gesù da un lato indica i valori altissimi ma dall’altro si mette accanto ai peccatori – all’adultera o alla samaritana – non per diventare complice della loro situazione ma per condurli gradualmente a una possibilità nuova e liberante (“Va e d’ora in poi non peccare più”). Il discernimento porterà gradualmente a far si che ognuno si senta accolta nella comunità non “nonostante” ma “in” ciò che ha vissuto. Nel testo dell’AL si riprende quanto dice il Concilio a proposito dei semi del Verbo nelle altre religioni e lo si applica alle famiglie ferite. Fare discernimento è proprio tentare di vedere i semi del Verbo in ogni persona e in ogni realtà, soprattutto in quelle più bisognose di misericordia. Il discernimento porterà a dei cammini personali in cui i diversi soggetti saranno aiutati a rivedere le proprie responsabilità e a intraprendere itinerari penitenziali per aprirsi alla grazia santificante necessaria per tutti, ma soprattutto, per chi è maggiormente ferito.

4. La logica della comunione
Tutto il testo dell’AL è attraversato da una logica di comunione. Durante i due Sinodi e in attesa di avere il documento del Papa l’attenzione dei media è stata centrata su una domanda: i divorziati risposati possono accostarsi al sacramento della comunione? Nessuno nega che la questione è molto delicata e per alcuni anche dolorosa ma bisogna dire che l’obiettivo dei sinodi e del documento non era rispondere a questa domanda. L’esortazione di Papa Francesco punta lo sguardo sulla realtà della famiglia; si presenta come un testo molto completo di pastorale familiare, di catechesi per la preparazione dei fidanzati alla scelta matrimoniale, di riflessione sull’educazione dei figli, di studio sulle diverse sfide che la famiglia deve affrontare…. È un testo ricco che certamente diventerà punto di riferimento delle comunità cristiane per un nuovo approccio alle famiglie. Ridurre la ricchezza dell’AL al nodo della comunione sacramentale può diventare assai rischioso. Se si ha la pazienza di leggere tutto il testo ci si accorge che il filo che unisce tutti i capitoli è costituito dalla dinamica di comunione da cui scaturisce una pastorale positiva che consente di mantenere – dall’inizio alla fine – la nota dominante della gioia dell’amore, della proposta sulla vita sessuale come dono, della continua riscoperta della famiglia come benedizione divina e di uno sguardo sereno ed evangelico su ogni problema che la comunità familiare vive. La preoccupazione del testo non è quella di arrivare alla comunione sacramentale ma sostenere ed incoraggiare un’autentica comunione ecclesiale tra e con tutte le famiglie. La parrocchia è famiglia di famiglie e ognuna di esse ha diritto di cittadinanza in essa. Nessuno si deve sentire escluso. Nessuna famiglia deve essere messa ai margini a motivo di situazioni di fallimento. Rispetto all’accesso ai sacramenti il testo dell’AL costituisce un primo passo di un nuovo cammino. Si dovranno certamente rivedere alcune forme di esclusione dalla vita sacramentale ma prima bisognerà cambiare atteggiamento nei confronti delle famiglie ferite. “Accompagnare”, “includere”, “reintegrare” sono i verbi che esprimono tale stile di comunione che certamente ha bisogno di essere coltivato dai pastori e da tutti i membri di ogni comunità parrocchiale. Si può iniziare da piccoli passi per cui – lì dove non ci sono motivi di scandalo pubblico – si può chiedere ai divorziati risposati di prendere parte più attiva alla vita della comunità affinché sentano la parrocchia come loro casa e non come luogo che li giudica. L’atteggiamento comunionale deve superare l’etichetta di “irregolare” perché prima degli errori o dei fallimenti ci sono le persone e la chiesa non è la comunità dei perfetti ma dei peccatori in cammino, così come i sacramenti non sono i premi per i migliori ma i farmaci per i malati. E proprio per questi – per tutti noi – è venuto Gesù nel mondo. Bisognerà perciò superare ogni steccato mentale e ogni pregiudizio pesante ed entrare lentamente in una prospettiva di comunione sincera e propositiva.

Conclusione
Ascolto, realismo, discernimento e comunione ecclesiale mi sembrano alcuni fra gli elementi-chiave dell’esortazione “La gioia dell’amore”. Ho cercato di presentarli partendo da ciò che il testo dice e, provando a metterli insieme, mi sembra possano costituire le tappe di un cammino ecclesiale che dovrà vederci tutti impegnati in una pastorale positiva e fantasiosa. Tra chi pensa a un cambiamento a tutti i costi che dimentichi gli insegnamenti del Magistero e chi vuole rimanere ancorato a una fredda imposizione di norme, il Papa propone una “terza via” che è quella di un atteggiamento evangelico fatto di ascolto, di vicinanza, di compassione, di misericordia e di benevolenza per cui rispetto alla dottrina – a quanto la Parola di Dio dice e a quanto il Magistero sostiene – non ci si stanca di ricominciare un cammino che deve cercare di toccare le persone nell’intimo per farle sentire amate e sempre raggiunte dalla grazia di Dio. Ritengo che sul testo dell’AL avremo bisogno di investire in termini di tempo, di formazione e di approfondimento per ricavare tutto quello che potrà darci per una nuova pastorale familiare che aiuti a riscoprire le ricchezze di chi ha accolto la vocazione a vivere l’amore nella vita di coppia.
Le due esortazioni che finora Papa Francesco ci ha dato hanno in comune la gioia – “La gioia del Vangelo” e “La gioia dell’amore” – e il termine gioia traduce “Vangelo”, la buona notizia, la gioia perché “Dio ci ha tanto amato da mandare a noi il suo Figlio” (Gv 3,16). La luce di questa gioia è ciò che sempre dobbiamo accogliere come dono per vivere la grande dignità di figli di Dio e per sentire la nostra vita avvolta dalla sua misericordia; per dirla con le parole dell’apostolo Paolo: “Lì dove abbonda il peccato sovrabbonda la grazia” (Rm 5,20). E questa è la fonte della gioia!

Francesco Montenegro
Arcivescovo di Agrigento