A due anni dalla visita di Papa Francesco a Lampedusa, intervista col card. Montenegro

Sono passati due anni (8 luglio del 2013) dal pellegrinaggio di Papa Francesco a Lampedusa. Un pellegrinaggio nella maggiore delle Pelagie – come dirà lo stesso papa ricordando quella visita – per “compiere un gesto di vicinanza agli immigrati in cerca di una vita migliore e risvegliare l’attenzione nei confronti dei loro drammi; a esprimere gratitudine agli abitanti di Lampedusa e di Linosa impegnati in un’encomiabile opera di solidarietà, sostenuti da associazioni, volontari e forze di sicurezza”.
Da quella storica visita, la prima del suo pontificato, tante vicende tristi, legate all’immigrazione, hanno continuato e continuano a riempire le pagine di cronaca dei media. Le traversate continuano, gli sbarchi sono all’ordine del giorno e purtroppo i morti accompagnano i vivi che arrivano sulle nostre coste. Dinnanzi ai naufragi e davanti alle bare schierate nell’hangar dell’aeroporto di Lampedusa le massime autorità europee e nazionali hanno gridato “mai più!”. Purtroppo così non è stato. Ancora assistiamo all’arrivo di gente che affronta viaggi estenuanti per fuggire da drammi, povertà, guerre, conflitti, spesso legati a politiche internazionali. Sono 137.000 i migranti, secondo l’Onu, che nella prima metà del 2015 hanno attraversato il Mediterraneo per raggiungere l’Europa che stenta a trovare soluzioni condivise, soprattutto una responsabilità comune di fronte ai drammi dei migranti.
A due anni dalla visita del Papa a Lampedusa abbiamo incontrato il card. Francesco Montenegro