5 nuovi preti per la Chiesa agrigentina

Lunedì 7 ottobre, memoria liturgica della B.M.V. del Rosario, la Comunità ecclesiale agrigentina in tutte le sue componenti (presbiteri, diaconi, consacrati, popolo Santo di Dio), è tornata a riunirsi insieme, dopo 10 anni, in Cattedrale,  attorno al vescovo, per invocare il dono dello Spirito Santo per la consacrazione presbiterale dei diaconi, Rosario Bellavia, Alessandro Bruno, Stefano Principato, Calogero Cusumano e Giovanni Gattuso.

Al Rito dell’ordinazione, animato dalla colale diocesana,  hanno preso parte i presbiteri e i diaconi della Chiesa agrigentina, presenti i familiari e le comunità di origine degli ordinandi, con alcuni dei primi cittadini, ma anche quelle dove i novelli presbiteri hanno svolto il ministero diaconale e tanti amici e parenti accorsi numerosi per questo evento di grazia. A concelebrare con il card. Montenegro anche mons. Giovanni Peragine, amministratore apostolico dell’Albania meridionale con cui la Chiesa agrigentina sta maturando rapporti di cooperazione missionaria.   Dalla Chiesa Albanese in Cattedrale, infatti,  erano presenti il rettore del seminario di Scutari con un gruppo di seminaristi dove don Alessandro Bruno e prima di Lui don Riccardo Scorsone hanno frequentato il VI anno pastorale. Presenti anche una rappresentanza delle suore francescane del Vangelo di Bilisht (sud Albania) e un gruppo di fedeli della parrocchia. Suggestivo e ricco di gesti e di segni il rito di ordinazione: la chiamata per nome dei candidati, il dialogo tra il vescovo ed il rettore del seminario, don Baldo Reina che ha chiesto, a nome della Chiesa agrigentina, che Rosario, Alessandro, Stefano, Calogero e Giovanni, siano ordinati presbiteri. L’Arcivescovo, dopo essersi sincerato che ne siano degni, li ha eletti all’ordine del presbiterato. È seguita poi l’interrogazione e la promessa di obbedienza tra le mani del Vescovo, ed il suggestivo momento delle litanie dei santi con gli ordinandi prostrati a terra (vedi foto) in segno di consegna della propria vita a Dio, l’invocazione dello Spirito, l’imposizione delle mani sul capo e la solenne preghiera di consacrazione, quindi l’unzione delle mani col sacro crisma, la vestizione dei paramenti sacerdotali (la stola e la casula) e la consegna ai neo presbiteri della patena con il pane e il calice con il vino accompagnata dall’invito a trasformare in vita la celebrazione eucaristica: “Ricevi – ha detto a ciascuno l’Arcivescovo –  le offerte del popolo santo per il sacrificio eucaristico. Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai. Conforma la tua vita al mistero della Croce di Cristo Signore”. Il rito d’ordinazione si è concluso con l’abbraccio dei neo presbiteri con il vescovo e con tutto il presbiterio presente a significare l’entrata a far parte di esso e la loro accoglienza in seno ad esso.

L’arcivescovo all’inizio dell’omelia ha detto che “questo, certamente, è un giorno di festa, velato , però,  di tristezza – ha detto – per i morti  del naufragio al largo di Lampedusa”, per i quali ha invitato l’Assemblea a pregare.  Si è detto anche contento “ l’ordinazione sacerdotale avvenga finalmente in Cattedrale e che sia celebrata nel giorno dedicato alla Madonna del Rosario. Il fatto di essere qui – ha prosseguito – e non in un’altra chiesa, lo leggo come un invito ad avere un cuore grande che guarda lontano, oltre i confini ristretti di porzioni di chiesa”. Rivolgendosi poi direttamente agli ordinandi ha  detto loro: “sentitevi e siate sempre sacerdoti nella chiesa e per la chiesa, fate coincidere cioè i suoi confini e quelli del vostro cuore… Non mortificate il vostro sacerdozio vivendolo solo come la possibilità per fare un po’ di bene alla gente; è molto di più. Paolo VI diceva: voi ci siete per attingere dall’alba la forza della resurrezione e consegnare nel vespro la Luce che non tramonta. Agite – ha proseguito –  come Cristo, buon Pastore, donatevi generosamente, senza sentirvi traditi o incompresi se qualche vostro progetto o desiderio non potrà realizzarsi perché la chiesa – attraverso il Vescovo – vi chiederà qualcos’altro. Abbiate, insomma, lo stile di Maria che si inserì a peso morto nel progetto di Dio. Quando reciterete il Rosario – ha detto nella memoria liturgia della Vergine del Rosario – , pensate che dirlo è dire Maria e dire Maria è collocarsi nella prospettiva di Dio. Giovanni Paolo II, parlando del Rosario, ha detto: «Maria non vive che in Cristo e in funzione di Cristo!». Quando stringete la corona del Rosario rinnovate questo programma.

Dio vi ha scelti – ha loro detto – non per diventare gestori di attività od organizzatori di pseudo aziende, ma per aiutare i fratelli a crescere nella fede; ci riuscirete – ha proseguito – se voi per primi vivrete da credenti, preoccupati cioè di vedere e affrontare i fatti della vita con gli occhiali della fede. Ciò richiederà di tracciare il vostro cammino giorno dopo giorno, non potrete programmarlo una volta per tutte, state in ascolto dello Spirito e cogliete gli avvenimenti e le situazioni nuove a cui vi toccherà dare la vostra risposta personale e sempre nuova… Chi rimane – ha incalzato – attaccato al proprio mondo, alle mete raggiunte, ai propri progetti, chi non sa sognare e osare, si isola in un mondo fittizio, come lo stolto ricco del vangelo;è stato solo un mangione e un senza nome”.

Gli ordinandi (foto Petrone)

Ed ha aggiunto: “Sentitevi ‘chiamati’ ogni giorno … “Non finite mai di dire di sì” (Paolo VI). Lo ribadisco, non basta dire sì stasera, una volta per sempre, ma è un sì da rinnovare ogni giorno. Il non farlo è mettere buio nel cuore. Mi viene da dire, non dite mai: io sono stato ordinato, ma io sono ordinato.  Se aspetterete dal vostro sacerdozio – ha detto ancora –  garanzie e sicurezze, resterete delusi, perché esso vi porterà verso l’imprevedibilità e la provvisorietà. Vivetelo perciò come avventura, come novità dove nulla è scontato. La preghiera sia quello che è la benzina per la macchina. Siate fedeli ministri di una Chiesa, messa per strada dallo Spirito, dal passo costante e solido e inviata per vie sconosciute e da scoprire”. Ed ha loro ricordato:  “L’Eucaristia sia il cuore della vostra esistenza sacerdotale, vi renderà riconoscibili per lo stile missionario con cui svolgerete i vostri compiti”.  Ha, poi,  ricordato loro che Evangelizzare non è mettere pezze; a voi cinque chiedo – ha detto –  di non allungare la già lunga fila dei nostalgici, ma di fare vostre le parole di Isaia: «quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi» (40,31)…. Entrate in campo da stasera con la voglia di portare un apporto nuovo, coscienti che la fede è operosa e mai stantia”. E citando una preghiera di p.Turoldo, “Vieni, Signore,/ spada di fuoco,/ fra tenebra e luce:/ linea fulminante/ ove si consuma la notte” ha chiesto ancora loro di essere “spade di fuoco”, riscaldate i cuori, preparatevi a sciogliere il gelo della sfiducia, illuminate le menti buie, seminate il bene tra le pieghe delle menzogne di cui si nutre il mondo. Camminate con gli uomini, siate loro compagni, intimamente e sinceramente solidali con loro, soprattutto con quanti nella società non ricevono alcuna considerazione; non vi spaventi il rischio del pastore che cerca la pecorella smarrita, non attendete ma cercate, il mondo corre veloce”… Ed ha concluso dicendo: “ Sentitevi “scoppiare dentro” la voglia di condividere l’amore col Padre e coi fratelli. È stato significativo – ha loro ricordato –  che vi siete preparati a questo giorno sia con gli esercizi spirituali, sia col servizio agli ospiti del Cottolengo di Torino. Come anche l’attenzione che avete per l’ Albania. I poveri vi sentano amici, sia per voi un titolo onorifico…” E ricordando Mazzolari ha proseguito: “Si cercano per la Chiesa uomini senza paura del domani, senza paura dell’oggi, senza complessi del passato. Si cercano per la Chiesa uomini, che non abbiano paura di cambiare, che non cambino tanto per cambiare, che non parlino tanto per parlare. Si cercano per la Chiesa uomini capaci di vivere insieme agli altri, di lavorare insieme, di piangere insieme, di ridere insieme, di amare insieme, di sognare insieme. Si cercano per la Chiesa uomini capaci di perdere senza sentirsi distrutti, di mettersi in dubbio senza perdere la fede, di portare la pace dove c’è inquietudine e l’inquietudine dove c’è pace. Si cercano per la Chiesa uomini che non confondano la preghiera con le parole dette d’abitudine, la spiritualità col sentimentalismo, la chiamata con l’interesse, il servizio con la sistemazione. Si cercano per la Chiesa uomini capaci di morire per lei, ma ancora di più di vivere per lei, capaci di diventare ministri di Cristo, profeti di Dio, uomini che parlino con la vita. Si cercano – ha concluso –  per la Chiesa uomini. Alessandro, Calogero, Giovanni, Rosario, Stefano, siate ciò che dovete essere: nel cuore, nella mente e nella volontà!”

Diceva Paul Claudel: “Il Rosario è Maria che si pone tutta tra le nostre dita, perché ci serviamo di lei”. Sentitela vicina. Per lei nulla è stato chiaro e facile. Si è affidata a Dio, pur immaginando cosa l’ aspettava: commenti, giudizi pesanti, sguardi ironici. Ma il suo è stato un sì convinto, cosciente, senza ripensamenti: si è fidata di Dio, Gli ha obbedito, è rimasta discepola e ha seguito Gesù sino alla croce. Non dimenticate l’indicazione di Paolo VI: “Il Rosario è una scala: voi salitela insieme, adagio adagio andando in su, incontro alla Madonna, che vuole dire incontro a Gesù”. Sentiteci vicini e contate sul nostro affetto e sulla nostra preghiera”.

Al termine della Celebrazione Eucaristica, prima del concedo ha preso la parola il rettore del Seminario, don Baldo Reina, che ha ha espresso un grazie corale all’Arcivescovo e  alle tante persone di cui il Signore si è servito per giungere fino a qui: A partire dai genitori e poi quanti hanno aiutato i neo presbiteri nel discernimento e nella crescita vocazionale presso il nostro Seminario docenti e compagni di viaggio, alle comunità parrocchiali di origine, e  ancora gli Amici del Seminario, i benefattori e a tutte le persone che nel silenzio hanno dato il loro prezioso contributo.

Le immagini dell’Ordinazione (di carmelo Petrone)