Sei nuovi diaconi per la Chiesa agrigentina (VIDEO)

Lunedì 14 dicembre 2020, memoria liturgica di San Giovanni della Croce, nella Basilica Cattedrale di Agrigento, mons. Alessandro Damiano, arcivescovo Coadiutore di Agrigento ha presieduto la sua prima celebrazione d’ordinazione diaconale da quando è stato ordinato vescovo il 5 settembre scorso. A concelebrare il card. Francesco Montenegro.Mediante l’imposizione delle mani e la preghiera di rito sono stati ordinati diaconi, i seminaristi Giuseppe Licata, Gioacchino La Rocca, Ignazio Bonsignore, Gioacchino Vassallo, Calogero Sallì e Antonio Gucciardo. 

Nell’omelia mons. Damiano dopo avere espresso sentimenti di ringraziamento nei confronti del card. Montenegro, per aver voluto che fosse lui a presiedere la celebrazione “che manifesta – ha detto – la fecondità della Chiesa che è in Agrigento. Non è mancato il riferimento al tempo particolare che stiamo vivendo che “ci fa vivere – ha detto –  come in esilio, tra smarrimento e abbandono ad una promessa quei ‘sette uomini stimati dal popolo’ che gli apostoli scelsero come collaboratori del loro ministero”.  Il riferimento è alla lettura degli Atti proclamata durante la liturgia; “uomini pieni di Spirito Santo e saggezza a cui doveva essere affidato il servizio delle mense, cioè l’esercizio della carità in favore dei bisognosi […] questo per ricordare a voi (rivolto agli ordinandi, ndr) e a tutti noi che per davvero Dio non fa preferenza di persone […]. La presenza dei diaconi nella comunità dei credenti non è limitata al servizio delle mense, inteso solamente come esercizio della carità in atto, ma anche come servizio alla mensa della Parola e a quella Eucaristica. Il loro servizio è stato nella storia della Chiesa a favore dell’evangelizzazione, della liturgia, della pratica della carità in modo creativo secondo i tempi e i bisogni di ciascuno, fino ad oggi, fino a voi che in questa celebrazione venite ordinati diaconi di questa e per questa chiesa che è in Agrigento […]. Il servizio che questa Chiesa vi chiederà sia come diaconi che domani come presbiteri, servizio al quale voi vi impegnerete con solenne promessa di obbedienza e riverenza al Vescovo”. 

Ha poi rammentato come l’obbedienza non sia a una persona fisica ma al ministero che quella persona esercita nella Chiesa. “È una obbedienza alla Chiesa. Un atto della volontà che ci inserisce progressivamente nella stessa obbedienza di Gesù al Padre per la salvezza del mondo. Dentro il gesto rituale che oggi può apparire un atto di vassallaggio – ha proseguito –  c’è un abbandono alla storia che il Signore vuole fare con noi a favore dell’intero popolo di Dio. «Nessun atto di obbedienza è inutile per il Figlio (l’Unigenito) che li raccoglie tutti e dà loro una vera pienezza di significato. Assentendo, approvando e perfezionando egli mette insieme tutti i tentativi e li lega in fascio; egli porta a matura-zione ogni obbedienza, anzi a chi obbedisce dona infine il senso stesso dell’obbedienza» (A. Von Speyr). E rivolgendosi ai sei ordinandi ha proseguito: “A voi, destinati al ministero presbiterale nella Chiesa Cattolica, si chiede anche che siate chiamati a dare esempio di vita casta nel celibato per essere segno di totale dedizione al Signore e per mantenervi più liberi e disponibili per il servizio di Dio al suo popolo. Non una visione avvilente del matrimonio e della sessualità ma una libera scelta di impegno per il regno dei cieli […] per la più grande famiglia del popolo di Dio”. E citando la recente Lettera Apostolica Patris corde di Papa Francesco ha ricordato come Egli della castità scrive: «[…] è la libertà dal possesso in tutti gli ambiti della vita. Solo quando un amore è casto, è veramente amore. L’amore che vuole possedere, alla fine diventa sempre pericoloso, imprigiona, soffoca, rende infelici. Dio stesso ha amato l’uomo con amore casto, lasciandolo libero anche di sbagliare e di mettersi contro di Lui. La logica dell’amore è sempre una logica di libertà e Giuseppe ha saputo amare in maniera straordinariamente libera. Non ha mai messo sé stesso al centro. Ha saputo decentrarsi, mettere al centro della sua vita Maria e Gesù» (PC n. 7). Ecco – ha proseguito mons. Damiano – decentrarsi per mettere al centro della vostra vita, della nostra vita Maria e Gesù, mettere al centro la comunità dei credenti, la Chiesa. Una vita casta nel celibato senza questo respiro sarebbe una vita meschina. […] Dove trovare la forza per perseverare nei buoni propositi? Come portare a compimento l’opera che il Signore ha iniziato in voi? La Chiesa vi consegna la Liturgia delle ore, la preghiera assidua da elevare al Signore ogni giorno per voi stessi, ma anche per il popolo di Dio, per il mondo intero. Pregare con la Parola di Dio è crescere con essa e in essa trovare forza. Ricordiamolo sempre, tutti, portiamo tesori in vasi di creta. Pregare non è una attività da svolgere tra le altre, ma un essere “uomini di preghiera” perché ogni nostra attività trovi in Dio il suo inizio e in Lui il suo compimento. Tutti all’inizio di una attività dovremmo chiederci: questa iniziativa, quest’opera viene dal buon Dio e in Lui si compie in vista del Regno o viene dal mio piccolo io, che sempre fa chiasso attorno a me, e si compie in una gloria vana? Consegnandovi il Vangelo vi dirò: “Credi sempre ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni”. Ha poi ricordato, in riverimento alle parole del rito, quelle del Servo di Dio Rosario Livatino, “uomo di questa nostra terra travagliata: «[…] nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili».

(ph.C.P.)

Per essere credibili non basta insegnare ciò che si è appreso, è necessario praticarlo. Fino in fondo. La Liturgia ci fa fare memoria di san Giovanni della Croce è lo indica ‘maestro della rinuncia perfetta di sé e appassionato discepolo della croce’, possiamo anche noi restare saldi nella sua imitazione […] Siete come quegli eredi della tribù di leviti che Mosè presentò al sacerdote Aronne perché fossero al suo servizio come sommo Sacerdote e per-ché custodissero e prestassero la loro opera presso la tenda del Signore. Questa è la vostra sorte, la vostra eredità, di questo dovete occuparvi, siete ministri di Dio cioè suoi servi ma anche ministri della comunità, cioè al servizio di essa ed è per questo che nella chiesa non ci sono, né ci possono essere, gradi di domini ma impegni si servizio. Chi pensa diversamente non pensa secondo Dio ma secondo gli uomini, confonde il servire la Chiesa con il servirsi della Chiesa; tra di voi, tra di noi, non sia così”. 

don Dal Reina rettore del Seminario (ph.C.P.)

Prima della benedizione finale ha preso la parola il rettore del Seminario,  don Baldo Reina, per dire il “grazie” che riempie di significato – ha detto – “ciò che stiamo vivendo e dare ad esso lo spazio che merita […] un grazie che gode della paternità di Voi (rivolto ai due arcivescovi, ndr), amati Pastori chiamati a guidare il gregge agrigentino.  Un grazie al Padre delle misericordie che ha guidato questi figli per vie misteriose e affascinanti, a volte tortuose e dolorose, per nulla scontate e sempre da scoprire e li ha condotti fin qui, a piedi di questo altare, con il desiderio di mettersi loro ai piedi di Dio per servirlo con tutte le loro forze”. Ha ringraziato, poi, le tante persone che hanno collaborato al progetto di Dio: “i genitori, ognuno con la propria storia fatta di fatica, di sacrifici, di limiti e di amore; e poi i sacerdoti che hanno incontrato nel loro cammino, i gruppi, i movimenti, le associazioni; il Seminario con le diverse opportunità formative, le tante famiglie il cui cammino si è intrecciato con quello di questi giovani, le realtà di povertà e di volontariato, i docenti, i poveri, i luoghi segnati dalla sofferenza e dal disagio, gli ammalati e gli amici, fino ad arrivare alle tante persone che oggi hanno contribuito a rendere bella questa festa. Insomma, una schiera immensa di persone, di volti, di storie che il buon Dio ha saputo utilizzare per modellare questi suoi figli rendendoli nel tempo vasi di creta ma pur sempre pieni di oli preziosi. Il grazie a Dio si unisce al grazie sincero a ognuno di essi nella certezza che il Signore saprà ricompensare con il suo amore i sacrifici fatti. […] In questo periodo così pesantemente segnato dalla pandemia il Signore ci ha fatto dono – nell’arco di poco più di 70 giorni – di 6 sacerdoti lo scorso 1 ottobre e di 6 diaconi oggi. Non si tratta di un caso. […] Ed è proprio il contesto nel quale ci muoviamo che mi suggerisce l’augurio per questi nostri amici. Se il Signore si sta servendo di voi per farci arrivare la Sua consolazione in un oggi incerto e confuso, impegnatevi a essere servi di questa consolazione. Sia il vostro servizio diaconale – è stato l’augurio del Rettore – in grado di portare la freschezza e la robustezza della buona notizia, che Dio è ancora e sempre innamorato di questa storia, in essa ha fatto irruzione per renderla piena e per orientarla verso l’eternità”. 

(ph.C.P.)

IL VIDEO DELL’ORDINAZIONE DIACONALE

 

I neo diaconi raccontano il loro incontro con Cristo