Stemma

Descrizione

Il blasone è composto nel 1° d’azzurro, dalla torre d’argento merlata di cinque pezzi, murata di nero aperta e finestrata del campo, fondata sul mare fasciato ondato d’argento e del campo di 8 pezzi e attraversata da una sbarra diminuita d’oro; nel 2°d’argento al ramo di mandorlo reciso e fiorito al naturale; nel 3° d’oro, al melograno gambuto e fogliato di 4 pezzi al naturale.Lo scudo accollato alla croce astile trifogli gemmata di otto pezzi d’azzurro e timbrato da un cappello prelatizio di verde con 10 fiocchi per lato dello stesso. 

Spiegazione simbolico teologica.

La torre d’argento del primo quarto della composizione araldica richiama al contempo la città di origine del titolare e la città ove è egli è chiamato a svolgere il suo servizio episcopale. Tale figura, infatti, campeggia sia nello stemma di Trapani che in quello di Agrigento […]. Le torri oltre alla simbologia legata all’idea di stabilità e sicurezza che ne spiega il successo degli stemmi civici, stanno a richiamare con tutta probabilità la presenza delle mura fortificate a forma di quadrilatero che caratterizzavano l’antica città: in ogni angolo del quadrilatero sorgeva una torre di avvistamento […].

L’uso di richiamare la terra delle proprie origini come anche il luogo di destinazione del ministero episcopale attraverso un riferimento araldico alle rispettive armi civiche e un uso non raro nei gli stemmi ecclesiastici di nuova creazione. Tanto più fruttuoso nei casi in cui, come nel presente, la figura è desunta da uno stemma civico può avere anche un valore spiccatamente simbolico cristiano.

La torre qui, infatti, è assunta anche come simbolo mariano (Tunis eburnea, torre d’avorio) simbolo accentuato dall’uso dell’argento come smalto per questa figura […].

La torre è fondata sul mare, rappresentato nella veste araldica stilizzata di un fasciato dorato, con l’alternanza degli smalti argento e azzurro. Anche in questo caso viene richiamata sia la località di origine del titolare che luogo di destinazione nell’esercizio del suo ministero pastorale: sia Trapani che Agrigento sono bagnate dal mare.

Ma non possiamo dimenticare l’ampia simbologia del mare a partire dal suo fondamento evangelico. Nelle parabole di Gesù il regno dei cieli e paragonato a una rete gettata nel mare e gli apostoli gli apostoli a «pescatori di uomini» il che fa del mare indirettamente un’immagine del mondo, come l’insieme dell’umanità.

La torre nel nostro stemma oltre che richiamo alla Vergine, diventa in tal modo anche simbolo della Chiesa che in Maria ha il suo modello, e che, pur a contatto con lo scorrere del tempo e le vicende umane, ne rimane al di sopra, senza essere sconvolta a motivo della salvezza nella fede, grazie alla quale diventa punto di riferimento sicuro per ogni uomo di buona volontà. La torre è attraversata da una sbarra diminuita d’oro, una «pezza onorevole» qui scelta ad indicare la luce dello Spirito Santo che sostiene e fortifica l’edificio spirituale dei credenti, «pietre vive», ciascuno dei quali è dimora di Dio, come afferma San Paolo: «Non sapete che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita voi?»(l Cor 6,19). Lo stesso apostolo invita i cristiani della chiesa di Efeso a conservare l’unità dello Spirito (Servare Unitatem Spiritus ) per mezzo del vicolo della pace (Ef 4,5). Il mistero della Chiesa è tutto animato dal dinamismo dello Spirito Santo che «dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio», e riproduce come primo e più visibile frutto quell’unità che deriva dal comune impegno, a vivere i sentimenti e valori di Cristo, in forza del suo Spirito.

Nel 2° quarto, su un campo d’argento, troviamo un ramo di mandorlo fiorito. La figura trova un suo significativo uso in un testo del profeta Geremia: “Mi fù rivolta questa parola del Signore: «Che cosa vedi Geremia?». Risposi: «Vedo un ramo di mandole»». Il Signore soggiunse: «Hai visto bene, perché io vigilo sulla mia parola per realizzarla» (Ger 1.11-12). Una immagine che dunque dice la fedeltà di Dio alla sua parola, il suo sguardo vigile sulle suo popolo per condurlo verso un fine di bene di salvezza. Per i padri della Chiesa «il ramo di mandorlo e il suo frutto erano simbolo del sacerdozio: la condotta del sacerdote deve essere temperata e riservata verso l’esterno, mentre su intimo si nutre della fede quale alimento invisibile» (M. Lurker). Allo stesso tempo la presenza del fiore di mandorlo nello stemma richiama ancora Agrigento dove si svolge la festa del mandorlo in fiore […]. Una figura dunque quella del mandorlo che vuole richiamare al tempo stesso la vita nuova che sboccia nel Cristo risorto e la gioia dell’amicizia che fiorisce tra quanti camminano alla luce del suo Vangelo.

Nel 3° quarto, su un campo d’oro, si staglia la figura di una melagrana. Si tratta di un frutto che nella Bibbia diventa segno di copiosa benedizione, originata dall’alleanza tra Dio e il suo popolo, come appare già nel testo degli esploratori inviati da Mosé nel paese di Canaan, in quali riportano come frutti più pregiati oltre a uva e fichi anche delle melagrane (off Nm 13,23) […]. Ma soprattutto nel Cantico dei Cantici la melagrana viene rivestita di simbolismi legati al tema dominante del poetico libro, l’amore: infatti la sposa viene paragonata alla bellezza della melagrana, e così le sue grazie (Ct 4, 3.13). Riferendosi a questi passi dell’Antico Testamento i padri della Chiesa videro nella melagrana un simbolo della Chiesa, sposa di Cristo, che come il purpureo frutto risplende nel rosso luminoso del sangue del suo sposo (M. Lurker). Una figura dunque che insieme all’altra figura vegetale del mandorlo indica amore, gioia, pace, i doni dello Spirito Santo alla chiesa che il vescovo si impegna servire nella comunione dell’unica fede.

Motto

Il motto, scritto in latino, è “Servare unitatem Spiritus”, cioè “Conservare l’unità dello Spirito” ed è tratta dalla Lettera agli Efesini, capitolo 4, versetto 3.

Di seguito è riportato il testo a cui fa riferimento:

«Io dunque, il prigioniero del Signore, vi esorto a comportarvi in modo degno della vocazione che vi è stata rivolta, […], sforzandovi di conservare l’unità dello Spirito con il vincolo della pace.» (Lettera agli Efesini 4, 1.3)

Don Antonio Pompili

ordinario dell’istituto Araldico Genealogico Italiano