Mercoledì 20 agosto, nella Matrice di Ravanusa, si sono tenuti i funerali di don Mario Polisano, nato a vita nuova il 19 agosto all’età di 82 anni e 58 di ministero presbiterale (vedi qui).

A presiedere la Messa mons. Salvatore Muratore; a concelebrare i presbiteri giunti dalle parrocchie dell’Arcidiocesi e il vicario generale, don Giuseppe Cumbo, che ha portato il saluto e la vicinanza spirituale dell’Arcivescovo Alessandro, ancora in ospedale per il periodo della convalescenza. Presenti, anche, le massime autorità civili e militari della città ed il popolo fedele di Ravanusa e quello giunto dai comuni limitrofi in particolare Canicattì, dove don Mario ha esercitato per diversi anni il suo ministero e l’insegnamento nelle scuole pubbliche.
Nell’omelia mons. Muratore ha esordito dicendo che padre Mario ha “ha amato con perseveranza Gesù, direi fin dal grembo materno e lo ha annunziato con passione i in tutti gli anni di ministero.

Commentando la parola proclamata ha invitato i presenti “a togliere lo sguardo dalla nostra tristezza e a volgerlo verso l’alto. Non perché – ha detto – non sentiamo la difficoltà del distacco, la morte rimane sempre uno strappo, specialmente se inattesa, ma perché noi siamo credenti e non siamo come quelli che non hanno speranza. In alto davanti a noi si dispiegano orizzonti infiniti, orizzonti di vita e di vita piena… L’orizzonte che oggi scrutiamo, anche con un velo di umana tristezza, è la vita senza fine. E questo per un fatto inaudito, grande, unico: Dio ha risuscitato il suo Figlio. Cristo risorto dai morti non muore più, la morte non ha nessun potere su di lui… Dal cuore di Dio siamo nati e a lui ritorniamo. San Paolo – ha proseguito – ce l’ha detto con chiarezza: Non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo, siamo stati battezzati nella sua morte, ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui.” Padre Salvatore ha evidenziato, in maniera particolare, questo ponte con il battesimo; “lì è stato messo nel nostro , ha detto, cuore il germe della vita eterna. Dall’inizio per tutta la vita, fino ad ora e ancora oltre, Mario come ognuno di noi vive avvolto dall’amore di Dio, chiamato per sempre alla comunione con Dio.”
Facendo, poi, riferimento alla pagina del Vangelo, di Gesù che dice ai suoi discepoli “non sia turbato il vostro cuore, abbiate fede, c’è un posto nella casa del Padre”, ha ricordato come “abbiamo un compagno formidabile su cui possiamo contare sempre nel cammino della vita, nell’ora del nostro passaggio, e per tutta l’eternità. Gesù ci vuole con sé, dove è Lui, noi siamo suoi, il suo desiderio è questo: “Vado a preparavi un posto. Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi”…
Dal battesimo attraverso ogni eucaristia domenicale sino alla morte e oltre siamo – ha proseguito padre Salvatore – avvolti, immersi, innestati in Cristo Gesù. Chiamati ad essere partecipi con lui della pienezza della comunione con il Padre. Per questo Gesù ci parla di un posto che ci appartiene, di una casa dove si entra con la veste filiale e con l’anello al dito, e di un cuore di Padre che ci vuole bene infinitamente. Per questo possiamo dire con padre Mario: Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi. Questa è la certezza della fede e tutto questo ci riempie di consolazione e di gioia. “Ecco carissimi fratelli – ha esortato i presenti – con questo squarcio di cielo, con la consapevolezza della vocazione alla pienezza dell’incontro con Dio, accompagniamo oggi il nostro fratello Mario in questo passaggio dalla terra al cielo. Sappiamo – ha afeermato – che si conclude un ciclo vitale qui sulla terra e un germoglio nuovo è trapiantato nel cielo. Perché le radici sono eterne e perché un seme di immortalità è stato stampato nel nostro cuore fin dal battesimo, noi siamo stirpe divina, noi apparteniamo a Dio per sempre… Ecco le parole che fondano la fede: Gesù ci è compagno e amico, non abbiamo timore, egli è la via, la verità e la vita, è certo che abbiamo una casa dove vivere per sempre, la nostra vocazione è contemplare per sempre la dolcezza del Signore. Noi crediamo fermamente che nostro fratello Mario è chiamato a godere nella pienezza la comunione del Padre.
- Con questa certezza ha dato spazio a due sentimenti: preghiera da una parte e gratitudine dall’altra.
“Il nostro cuore adesso si apre alla preghiera fiduciosa, siamo qui per questo, per dire al Signore: accoglilo, perdonalo, introducilo, abbraccialo. Accoglilo perché nella sua consacrazione presbiterale, ti ha donato totalmente la sua vita, e ti ha servito con fedeltà e con zelo. Accoglilo e perdonalo, perché nessuno davanti a te è giusto e tutti abbiamo bisogno della tua misericordia e del tuo perdono. Accoglilo, perdonalo, introducilo nella pienezza della gioia del Paradiso, nell’abbraccio del Padre.”
- L’altro sentimento evidenziato è stato la gratitudine: “Per le sue radici di Ravanusa a cui era profondamente legato e per le tante ricchezze che un papà e una mamma hanno saputo seminare nel suo cuore. Da chi ha imparato P. Mario a dare la vita per amore se non tra le ginocchia e le braccia dei suoi genitori?; gratitudine per la sua profonda umanità, uomo capace di amicizia vera, di relazioni profonde, di attenzione e delicatezza nei confronti di chi lasciava trasparire un bisogno, sempre aperto al dialogo affettuoso e costruttivo; la gratitudine di Ravanusa e di Canicattì per le tante sementi lasciate nei cuori: quanti incontri, quante confessioni, quante esortazioni, quanti accompagnamenti, quante confidenze, quanta vicinanza nei momenti del dolore, quanti stimoli alla fiducia e alla speranza. E molti di voi – ha detto – ne sono testimoni. La gratitudine del presbiterio e della Chiesa di Agrigento: sempre puntuale agli incontri, sempre pronto a dare il suo contributo per rendere più bello il volto della Chiesa. Dal silenzio della sua bara – ha concluso mons. Muratore – ci sta ancora dicendo: amate la Chiesa, la Chiesa di Agrigento è vostra madre, rendetela bella con la vostra testimonianza, costruitela con zelo e con passione, fatela amare ai vostri figli, stateci dentro e vivete nella comunione.”
Prima del commiato finale hanno preso la parola don Giuseppe Cumbo e il sindaco di Ravanusa.
Don Cumbo ha ripercorso le tappe dei suoi 58 anni di ministero, ma messo in risalto in particolare il suo “forte senso di appartenenza ecclesiale, partecipando, compassione e attivamente agli appuntamenti diocesani e lasciandosi coinvolgere nel confronto sul cammino della chiesa agrigentina come vicario foraneo e come membro del consiglio presbiterale. Lo ha poi descritto con quattro aggettivi, citando il messaggio che gli ha fatto pervenire un confratello. “Intelligente, zelante, accogliente, prudente,bravo omileta, amico di una vita”. “Questi aggettivi – ha detto don Giuseppe – ci consegnano il ritratto più autentico di un uomo capace di ascoltare e dialogare; di un cristiano attento a coniugare insieme Vangelo e quotidianità di un presbitero innamorato del Concilio e della Chiesa. Ha poi citato, in riferimento a don Mario, i numeri 8 e 9 del decreto conciliare Presbyterorum Ordinis del Concilio Vaticano II. (leggi qui)
In essi si esortano i presbiteri a coltivare legami di carità, preghiera e collaborazione tra di loro per manifestare l’unità voluta da Cristo, e si sottolinea l’importanza che i presbiteri più anziani si prendano cura e supportino i giovani, mentre questi ultimo mostrino rispetto e collaborino con la loro esperienza.
“Lungi da me – ha detto don Giuseppe – il volere edulcorare la nostra realtà; vi confesso – ha proseguito – che la vita del presbiterio che ci consegna il Concilio – mi ha fatto pensare molto al nostro don Mario perché il confronto costruttivo tra presbiteri giovani e meno giovani di cui parla il decreto, lui ci ha offerto la possibilità di poterlo sperimentare. Carissimo don Mario – ha concluso – continua a pregare per la nostra chiesa diocesana il signore continua a benedirla, donandoci innamorati del Vangelo, presbiteri dal cuore libero e presbiteri che sappiano sentirla a tempo pieno. Arrivederci in paradiso!”
Il primo cittadino, infine, ha espresso a don Mario, la gratitudine a nome della città di Ravanusa per il tanto bene seminato.I funerali si sono conclusi con un tributo toccante. Dopo il commiato liturgico con l’aspersione e l’incensazione, la salma è stata portata a spalla lungo la navata centrale, mentre il popolo applaudiva, con non pochi volti rigati da lacrime, fino alla piazza antistante per un ultimo, corale abbraccio prima del viaggio verso il cimitero comunale dove riposerà.
Carmelo Petrone (www.lamicodelpopolo.it)