Palma di Montechiaro, celebrato il XXIV Cammino delle Confraternite

In una giornata domenicale inizialmente grigia e piovosa a Palma di Montechiaro si è svolto, domenica 10 aprile 2016,  l’annuale incontro di tutte le confraternite presenti nella nostra arcidiocesi. Un arcobaleno di colori che hanno subito dato colore al grigio che sembrava voler dominare in tutto l’arco della giornata.

La giornata si è aperta con un momento di preghiera presso la scuola media Tomasi che ha ospitato la parte iniziale dell’evento e subito dopo l’introduzione ai lavori da parte del presidente del centro diocesano delle Confraternite Rosario Sutera Sardo, hanno preso la parola per un saluto il sindaco della Città Pasquale Amato, don Gaetano Montana arciprete della chiesa madre, e Lillo Paternò governatore della Confraternita SS. Sacramento della città che ha organizzato insieme al centro diocesano delle confraternite il cammino confraternale.

La parte centrale dell’incontro, prima del cammino, l’ha tenuta il dott. Roberto Clementini, vice presidente nazionale delle confraternite in Italia, con una relazione dal tema: “Le confraternite e le opere di Misericordia”.  Nella sua relazione è stato evidenziato come le opere di misericordia sia spirituali che corporali, appartengono in  primo luogo alla vita delle confraternite. Una dopo l’altra, in modo succinto, ha mostrato il legame inscindibile tra ogni opera di misericordia e l’agire nel territorio delle confraternite, così da rendere visibile nel nostro tempo l’azione evangelizzatrice della chiesa. Alla fine della relazione ha ricordato le caratteristiche di una confraternita offerte dal magistero dei papi Benedetto XVI e Francesco: l’ecclesialità, l’evangelicità e la missionarietà.

Dopo la relazione è iniziato il cammino delle confraternite verso la scalinata della Chiesa Madre dove il Card. Francesco Montenegro ha celebrato l’Eucarestia. Nell’omelia il cardinale ha richiamato i confrati a riscoprire le origini: “la carità verso i poveri, gli abbandonati, i sofferenti, gli emarginati… Oggi – ha detto – , sembra che l’unico interesse sia quello delle processioni – e tante volte si può discutere sulle modalità con cui vengono fatte – o di portare una divisa che più che servizio ai poveri significa potere da gestire. Essere fedeli alle origini significa aprire il cuore perché, ricchi delle tradizioni precedenti, possiate scoprire o occupare nuovi spazi dove la fede diventa visibile attraverso la carità”. (il testo integrale dell’omelia è sul sito www.diocesiag.it) Alla fine della messa il governatore della confraternita SS. Sacramento ha consegnato all’arcivescovo e ai rappresentanti delle confraternite un ricordo della giornata, una tela rappresentante: la chiesa madre, il logo del giubileo straordinario della Misericordia e della confraternita SS. Sacramento. Dopo la benedizione in processione i vari confrati e consorelle presenti hanno accompagnato, insieme ai devoti portatori, l’immagine della Madonna del Castello presso il Monastero delle Benedettine, dove l’immagine della Vergine rimarrà per la venerazione dei fedeli fino alla domenica prima dell’Ascensione.

Rino Lauricella

Testo integrale dell’omelia dell’Arcivescovo, Francesco Montenegro

I sette uomini andati a pescare per vincere la paura e l’ incertezza, tornano delusi perché è andata male. Poi sentono una voce dalla riva: “Figlioli, non avete nulla da mangiare?”. La risposta è secca: “No”. Allora: “Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete”. Si saranno chiesti: Ma chi sarà quel pescatore così bravo da conoscere talmente il lago da sapere dove i pesci prendono? Però la gettano e non riescono più a tirarla su “per la grande quantità di pesci”.
Giovanni per primo riconosce Gesù: “Chi può essere? Sarà Gesù, che ha trasformato l’acqua in vino e che ha sfamato i cinquemila uomini. Dice a Pietro: “È il Signore!”. Pietro si butta in acqua per raggiungerlo per primo. Non può più aspettare. Probabilmente è andato a pescare, proprio perché ne sente la mancanza.
Sulla riva c’è un’altra sorpresa: la brace, il pesce e il pane. Gesù chiede loro da mangiare probabilmente per incoraggiarli a non temere, perché ormai è con loro. Purché continuino a fidarsi di lui, come hanno fatto quando hanno gettato la rete e siano disponibili a mettere un po’ del loro pesce per condividere.
Pietro che si è tuffato per arrivare prima degli altri, lui che lo ha tradito, dice: “Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini”…
Forse noi ci stiamo chiedendo: Perché Gesù non è così premuroso anche con noi? Perché non ci ascolta? Forse dobbiamo chiederci anche: Ma sappiamo riconoscerlo quando tutto ci sembra compromesso e incerto? Ci fidiamo di lui? Avremmo gettato la rete, quando ci sembrava assurdo gettarla? Saremmo disposti a gettarci a nuoto per raggiungerlo più in fretta?
Noi più che gettare la rete dall’altra parte, probabilmente aspettiamo che venga Gesù a riempire la nostra barca. Così come più che andare noi da lui a nuoto, aspettiamo che sia lui a venire da noi. Noi preferiamo tenerci il nostro pesce, perché metterlo sulla brace, a fare questo ci pensi Lui.
Gesù risorto è sempre accanto a noi. Ce lo ha assicurato. Ma non può aiutarci a pescare di testa nostra. Ed è inutile cercare di convincerlo con preghiere, messe, confessioni, sacrifici… Egli vuole la fiducia dei discepoli, l’amore di Giovanni, la generosità di Pietro. Egli vuole che, nonostante le nostre debolezze e incertezze, e perfino rinnegamenti, possiamo dirgli: “Tu lo sai che ti amo!”.

Una parola per voi. Grazie per quanto fate nelle città in cui abitate e nelle comunità ecclesiali nelle quali operate. Però vi chiedo di non dimenticare il perché ci siete. Ve lo dico perché purtroppo qualche volta sembra che le origini vengono dimenticate. Nel passato le Confraternite hanno espresso il frutto più genuino della fede: la carità verso i poveri, gli abbandonati, i sofferenti, gli emarginati… Oggi, sembra che l’unico interesse sia quello delle processioni – e tante volte si può discutere sulle modalità con cui vengono fatte – o di portare una divisa che più che servizio ai poveri significa potere da gestire. Essere fedeli alle origini significa aprire il cuore perché, ricchi delle tradizioni precedenti, possiate scoprire o occupare nuovi spazi dove la fede diventa visibile attraverso la carità”. Non è solo un onore quello di essere confrati, ma è una responsabilità nei riguardi del Signore e della gente. Portare, per esempio in processione in processione il Crocifisso, non è un semplice atto esteriore, ma significa che voi dite a tuti che la Pasqua del Signore è per voi importante ed è al centro della vostra vita, e dite con la vostra presenza che volete seguire Cristo nel cammino concreto della vita. Posso farvi una domanda? Non datemi risposta: ma quanti dei componenti delle Confraternite la domenica sentono la gioia di partecipare all’Eucaristia? Probabilmente pensano che se ne può fare a meno, però poi si lamentano o protestano se vecchie forme tradizionali non sono più permesse! Anche Papa Francesco che tutti volete bene ha detto che ormai non vale più il “si è fatto sempre così”. Essere confrati, significa esporsi agli occhi di tutti, vivere una vita che viaggia sui binari della fede, della trasparenza, della legalità, dell’onestà, della condivisione, dell’accoglienza, insomma significa dire di no a una vita cristiana mediocre. Sapete, si può dire di voi ciò che si afferma di noi sacerdoti. Dei preti si dice che parlano bene e ruzzolano male. Dei confrati, che si distinguono per i segni che portano e che la gente conosce, si potrebbe dire la stessa cosa.

Voi nella Chiesa e nelle città in cui operate siete coloro che mettono il Vangelo al primo posto, che amano la chiesa e la sentano madre e che sanno che devono essere testimoni e missionari di Gesù. Quando vi dico che alle origini delle confraternite c’era il desiderio di operare la carità nei riguardi dei poveri e dei più sfortunati, non intendo dire che voi siete semplici società di mutuo soccorso oppure associazioni filantropiche, ma siete un insieme di fratelli che, sentendosi parte viva della Chiesa e volendo vivere il Vangelo, si impegnano a mettere in pratica il comandamento dell’amore, che spinge ad aprire il cuore agli altri, particolarmente, come dicevo, a chi si trova in difficoltà.

È questa la vostra missione, e ci riuscire a portarla avanti se coltiverete sempre un amore profondo verso il Signore e una docile ubbidienza ai vostri Pastori. A queste condizioni, le vostre Confraternite continueranno ad essere scuole popolari di fede vissuta e palestre di santità; saranno nella società “fermento” e “lievito” evangelico e contribuiranno a suscitare quel risveglio spirituale che tutti auspichiamo. Vi chiedo soprattutto di curare la vostra formazione spirituale per essere in questa terra, offesa dalla violenza e da una mentalità mafiosa, speranza e possibilità di un modo più umano e cristiano di vivere. Vivete una vera amicizia con Cristo, siate fieri appartenere alla sua squadra, ma fate in modo che Lui sia sempre fiero di voi, (, rafforzate la vostra fede, curando la formazione spirituale, la preghiera personale e comunitaria, la liturgia. Siate nelle vostre comunità cellule vive, pietre viventi.
Concludo riassumendo in poche parole quanto sino a qui vi ho detto. Oggi ci vuole un po’ più di coraggio a dirsi cristiani. Questo coraggio però non è fatto di parole o di vestiti soltanto, di segni e di simboli, ma anche di quotidianità, di vita familiare onesta, di lavoro professionale, di dedizione e solidarietà.

La madonna del Castello, venerata qui a Palma, ci e vi aiuti.