«Stupiamoci di Dio che si fa uomo» gli auguri dell’arcivescovo card. Francesco Montenegro

Il Natale torna regolare col suo notorio rituale fatto di commoventi suoni e canti, di cui, purtroppo, si è impadronita la pubblicità, tanto da collegarli ai vari prodotti e spingerci – giocando coi nostri sentimenti – al loro acquisto, contribuendo così a rubare il posto al protagonista principale, vero motivo della festa: Gesù.

Una volta, infatti, ascoltando “Tu scendi dalle stelle” il pensiero andava immediatamente al Bambino di Betlemme, oggi invece si associano la musica e le parole dell’inno a un panettone o a una bottiglia di spumante. Senza Gesù! Rituale fatto di magiche luci lampeggianti, ammiccanti, quasi ipnotiche che per quanto riempiano di colori le case, le vetrine, le vie, non riescono a sostituirsi ai colori veri della vita. Tanto è vero che, una volta spente, si resta col magone e tutto ritorna come prima, come se nulla fosse accaduto. Come se Gesù non fosse venuto e non fosse tra noi! Rituale fatto di pacchi, pacchetti, di fretta, di saluti gridati, di strette di mano, di auguri sussurrati ma, il più delle volte, tutto fatto formalmente perciò vuoto di significato perché, ognuno affannato e distratto dalle mille cose da fare, quando dice “buon Natale”, non riesce a fare arrivare l’augurio nel cuore dell’altro o, chi lo riceve, a trovare il tempo e lo spazio per depositarlo al posto giusto.

Ma dire buon Natale non significa fare posto a Gesù nella propria vita? Se Natale é questo, é allora solo una bella e dolce fiaba, niente più. Ma se è solo una favola perché disturbare Dio, o fingere di farGli ancora un piccolo posto per questa occasione? Anche nelle nostre chiese, impegnati e preoccupati a realizzare delle “belle” scenografie, interne ed esterne, preferendole alla ricchezza e alla bellezza della liturgia, al piccolo Gesù resta solo il ruolo di comparsa. Diventa sempre più l’illustre dimenticato. Infatti dalle nostre parti i presepi, viventi e no, spesso vengono presentati come mostra dei “mestieri” e momento per consumare i buoni prodotti mangerecci locali. Gli evangelisti non sono preoccupati di mostrarci i mestieri, ma di mettere al centro Gesù e dire che ormai tutto gira attorno a Lui, né hanno voluto raccontare una dolce favola, infatti il racconto della nascita non inizia con “C’era una volta”, ma, presentandoci i vari personaggi (Maria, Giuseppe, pastori, angeli, magi), intendono farci protagonisti di un mistero e stupirci facendoci scoprire che, in quella notte in cui il cielo e la terra si sono toccati, Dio è diventato uno di noi, è con noi. Il Bambino di Betlemme non mette paura e non umilia con la Sua onnipotenza ma, nella Sua imprevedibilità, si offre a noi con tenerezza e amore.

Abbiamo bisogno del Natale, perché abbiamo bisogno di Dio. Di sentirLo vicino anche se si presenta rivestito della nostra debolezza. Lui solo può ridestare la speranza della vera felicità e la gioia della grandezza della nostra vita. Siamo troppo grandi per perdere il nostro tempo con un neonato che vagisce tra le braccia della mamma? Eppure annualmente viene a ripeterci che per Lui siamo importanti e grandi e a chiederci di cancellare dalla nostra mente la sensazione dell’inutilità della nostra vita! Spogliamoci, perciò, di tutte le false proposte e aspettative di felicità, non vergogniamoci di farci piccoli, avviciniamoci a Lui e ascoltiamo la Sua proposta di vita nuova.

Questo è il mio augurio per questo Natale: essere capaci di meravigliarci di quanto in questi giorni si celebra nelle nostre Chiese. Stupirci di Dio che si fa uomo, del cielo che non è più lontano, di questa terra che Lui ha scelto come casa e che vuole bella e di tutti, che è venuto a dichiarare a ciascuno un amore unico e grande, che c’è ancora posto per la speranza, che nonostante le cadute e i tradimenti ci sono sempre due braccia aperte e un sorriso di bambino pronti ad accoglierci. Per questo motivo, anche quest’anno a tutti, credenti e uomini di buona volontà, più che BUON Natale auguro di cuore un VERO Natale.

† don Franco, arcivescovo