Ripartire dagli scarti. Carcere, concluso il laboratorio di sartoria promosso dalla Caritas

Si è concluso mercoledì 22 giugno il laboratorio di sartoria all’interno della Casa Circondariale di Agrigento promosso e avviato dalla Caritas Diocesana di Agrigento.
Le detenute, hanno presentato i prodotti realizzati alla presenza del personale dell’Amministrazione carceraria, del Magistrato di Sorveglianza, dei rappresentati dell’U.E.P.E., del Cappellano e del Direttore della Caritas e dei volontari che hanno permesso la realizzazione del laboratorio.
L’attività, che si è svolta da novembre 2015, ha visto il coinvolgimento di 23 detenute ed è stata coordinata da una sarta professionista, Ninetta Cufaro e dai volontari della Caritas. Per la realizzazione dei prodotti sono stati utilizzati materiali di riuso donati dall’azienda TEXART di Agrigento. Le detenute hanno realizzato un presepe, delle calze di Natale, delle borse, delle pochette e dei modelli di gonna e gilet.
Quanto prodotto non verrà messo in vendita ma rimarrà all’interno del carcere come esempio dell’attività svolta. Solamente 70 borse sono state donate ai volontari della Caritas diocesana in occasione di Amunì, l’annuale festa dei volontari.
La proposta del laboratorio di sartoria all’interno del carcere vuole essere una nuova occasione, attraverso l’acquisizione di nuove conoscenze da poter investire una volta scontata la pena.
L’incontro conclusivo ha permesso la condivisione, tra le detenute e i diversi attori che ruotano intorno al loro reinserimento, dell’attività svolta. “Chi impara a fare qualcosa, non ha bisogno di delinquere” è stato l’augurio rivolto alle detenute da Walter Carlisi, magistrato di Sorveglianza di Agrigento.
Le stoffe utilizzate “sono stoffe di riuso, pezzi scartati e messi da parte” alle quali le detenute, con il loro lavoro e con la loro creatività, hanno dato nuova vita rendendole qualcosa di diverso, utile e bello a vedersi. L’augurio di Valerio Landri, direttore della Caritas Diocesana, è stato rivolto soprattutto alle detenute per le quali, oggi messe da parte per scontare una pena, possa esserci un nuovo inizio una volta fuori dal carcere.
Le detenute hanno apprezzato, oltre all’opportunità di aver imparato le tecniche base del cucito, la possibilità di avere svolto un lavoro in cooperazione. Divise in due gruppi, hanno imparato a realizzare un unico oggetto grazie all’impegno di ognuna. Ogni partecipante ha trovato il proprio ruolo, “ha dato il meglio di sé” come ha evidenziato la sarta che le ha guidate in questi mesi. Anche l’Amministrazione penitenziaria ha espresso soddisfazione per la buona riuscita dell’iniziativa, per la quale non sono stati segnalati disagi o abbandoni, come hanno sottolineato Giovanni Giordano, direttore dell’Area Educativa, e Giuseppe Lo Faro, Comandante della Polizia Penitenziaria.
Questa prima esperienza si è svolta e conclusa all’interno del carcere con la piena soddisfazione di tutti. Per la Caritas che ha fortemente voluto questo laboratorio, la soddisfazione più grande è stata vedere la contentezza delle partecipanti. «Nel corso di questi mesi – racconta Daniela Pulci della Caritas diocesana – incontravamo anche allo Sportello di ascolto le partecipanti del laboratorio soddisfatte del lavoro che stavano svolgendo e felici di poterlo raccontare ai propri familiari. Perché, stando chiusi dentro un carcere, ogni attività che può essere svolta è occasione per imparare qualcosa di nuovo, per riempire il proprio tempo e per poter dare ai propri cari la gioia di pensarli impegnati. Alla consegna degli attestati, Carolina, detenuta da tanti anni, ha detto “Grazie, questo vado subito a spedirlo a mia figlia!”. Risposte come questa – conclude Daniela Pulci – danno senso al nostro operare dentro il carcere di Petrusa. Contribuire allo sviluppo di un’emozione positiva all’interno di un posto in cui troppo spesso regnano solo preoccupazioni e brutti pensieri è uno dei risultati migliori del nostro impegno.
Oggi abbiamo chiuso questa prima esperienza e ci auguriamo di poter trovare sempre le risorse e le collaborazioni necessarie per continuare a portare il nostro aiuto e, magari anche un sorriso dentro le mura del carcere».