Proteggere le persone non le frontiere

Lo spazio interculturale giovani riprende il suo cammino parlando del tema più discusso nelle ultime settimane in tutta Europa: la situazione delle frontiere europee.
Dopo aver analizzato i movimenti di perone che ci sono stati negli ultimi mesi nell’area balcanica, abbiamo subito concluso che si possono costruire i muri, ma i migranti non si fermano, cercheranno sempre un’altra strada per andare avanti.

Ci siamo poi cimentati in un gioco per capire come ci comporteremmo noi al posto delle nazioni: alcuni hanno avuto il compito di interpretare il ruolo dei governanti di tre paesi europei sollecitati dall’arrivo dei migranti e altri erano i migranti che bussavano alle porte dell’Europa.
Anche nel nostro gioco, come nella realtà, i migranti non hanno voluto fermarsi nei paesi dove non c’erano opportunità e hanno continuato il cammino fino ai paesi che offrono maggiori prospettive per il futuro. Sorprendentemente, però, i paesi che avevano poco hanno dato tutto e chi aveva di più ha dato il minimo. Alla fine, tuttavia, ha guadagnato di più chi aveva accolto più migranti. Ma, ultimo colpo di scena: i migranti ospitati nel paese un po’ più ricco, hanno condiviso quanto ricevuto con il paese che li aveva lasciati passare e che era rimasto senza risorse per darle a loro.
Come dire: solo il calcolo economico non aiuta ad accogliere davvero, ci vuole di più, bisogna condividere.

Nella discussione che è seguita ci siamo accorti che, superata la frontiera, davanti al migrante si apre un percorso ad ostacoli, perché con il riconoscimento della protezione internazionale si ottengono molti diritti sulla carta, ma nella realtà, bisogna subire ancora tanti soprusi, essere sfruttati, etc.
Cittadini con tutti i doveri e gli oneri (rispetto delle leggi, tasse etc.) ma con pochi diritti reali (c’è il permesso di soggiorno ma si trova solo lavoro nero e, a volte, neanche pagato, contratti d’affitto registrati come gratuiti, ma pagati profumatamente, etc.).
I problemi di un paese, dei suoi cittadini, sono anche i problemi di chi vuole iniziare a viverci.
Insomma, piuttosto che costruire muri, ha più senso aiutare le persone a realizzare ciò che hanno scelto, anche per rendere il paese di arrivo più bello e giusto.

Alessia Aprigliano