Oltraggio alla memoria di Rosario Livatino, Card. Montenegro:”convertitevi”

A distanza di pochi giorni dall’oltraggio alla memoria di Giovanni Falcone,, viene ancora una volta sfregiato un simbolo della lotta alla mafia.
Martedì 18 luglio, alla vigilia del 25° anniversario della strage di via D’Amelio in cui il 19 luglio del 1992 perse la vita il giudice Paolo Borsellino è stata danneggiata la stele che, in contrada Gasena, alle porte di Agrigento,  ricorda il giudice Rosario Livatino, ucciso il 21 settembre del 1990 mentre, solo e senza scorta, dal suo paese, Canicattì, andava al palazzo di giustizia di Agrigento. Ad accorgersi del danneggiamento è stato un operaio che passava di là e che ha avvertito i responsabili delle associazioni che, da anni, organizzano eventi per tenere viva la memoria del giudice. Secondo i primi accertamenti della polizia Scientifica qualcuno con un oggetto pesante, una pietra o un martello, ha spaccato in due il cerchio su cui c’era scritto «A Rosario Livatino, martire della giustizia» facendo saltare il nome del giudice. La Procura ha aperto un’inchiesta.
Sul posto, appena saputa la notizia, si è recato il vicario generale dell’arcidiocesi di Agrigento, mons. Melchiorre Vutera (vedi foto in basso), accompagnato da don Carmelo Petrone, direttore del settimanale diocesano L’Amico del Popolo. “È un gesto inconsulto compiuto da ignoti, che segue l’infrazione al monumento di Falcone – ha dichiarato il vicario generale, durante la diretta su Twitter (guarda il video) realizzata dal settimanale L’Amico del Popolo – Ci auguriamo – ha proseguito che la giustizia possa chiarire al più presto le ragioni.
Il Card. Francesco Montenegro, arcivesco di Agrigento, saputa la notizia ha dichiarato:

Come cristiani e come cittadini ci sentiamo offesi e addolorati per il gesto compiuto a danno della stele che ricorda il sacrificio di sangue che il Giudice Livatino ha pagato nel 1990. Alla barbarie della sua morte si è voluta aggiungere anche quella dell’oltraggio alla sua memoria, per tentare di eliminare ogni traccia che ricordasse un uomo che ha vissuto per la giustizia e per essa ha dato la vita.

Dietro il vile atto di infrangere il monumento al giudice di Canicattì si nasconde quella logica mafiosa che tanto male ha fatto al nostro territorio. Siamo consapevoli che ci sono ancora persone e sistemi di potere che lavorano per distruggere il bene, per danneggiare la dignità di tanti cittadini onesti e per impedire qualsiasi sviluppo della Sicilia.
A queste persone ripetiamo l’appello di Giovanni Paolo II: “Convertitevi, un giorno verrà il giudizio di Dio”; a queste persone vogliamo dire con chiarezza che il loro modo di ragionare e di fare è fuori dal Vangelo e, pertanto, loro stessi sono fuori dalla chiesa; a queste persone vorremmo giungesse il grido di dolore di tanti genitori che – come quelli di Livatino – hanno dovuto piangere i loro figli innocenti, nella speranza che quelle lacrime li convincessero a fermarsi. Basta! Basta con i reati contro la giustizia! Basta con il sangue innocente! Basta con la cattiveria usata nei confronti di chi vuole lavorare onestamente! Basta!
L’offesa arrecata ieri alla memoria di Livatino ci spinge a recuperare con maggiore forza l’impegno a vivere e a testimoniare la giustizia. Nessuna barbarie fermerà la volontà di tanti uomini e donne di questa terra che credono nella giustizia. Con la forza umile che ci viene dal giudice Livatino desidero lanciare un appello a tutti: cerchiamo di essere noi un monumento vivente alla giustizia, al bene, al rispetto delle regole, all’amore. Come Livatino, nel posto in cui ci troviamo e nel lavoro che svolgiamo, impegniamoci ad essere persone giuste, corrette, integre; evitiamo ogni forma di compromesso con la mentalità mafiosa, ogni forma di omertà, di connivenza e di complicità con chi vuole dominare con il potere e l’ingiustizia. L’esempio che ci ha lasciato Livatino ci porti ad essere “affamati e assetati di giustizia”.
Solo così il suo esempio continuerà a vivere e la nostra testimonianza sarà la risposta più bella a quanti vogliono offendere la memoria delle persone giuste che hanno fatto grande la nostra terra”.

Carmelo Petrone

Il vicario generale, mons.Vutera, in contrada Gasena, dove sorege la stele