“Gioia” e “Grazie”, ricordando la prof.ssa Ave Gaglio

“Gioia!”: questa l’espressione, accompagnata dal suo sorriso, con cui, quanti abbiamo conosciuto Ave Gaglio, siamo stati sempre accolti. Espressione che sintetizza il suo affetto, la sua attenzione per ciascuno e la disponibilità all’ascolto.
Ave, donna di fede! Legata saldamente alla sua fede, Ave ha vissuto sempre nella ricerca e nell’accoglienza della volontà di Dio. Ha saputo accogliere le gioie della vita come dono dell’amore paterno di Dio. Ha saputo vivere le sofferenze, e non sono state poche, come opportunità di contemplazione. Ha accolto la solitudine come eremo in cui dialogare cuore a cuore con Dio. Ha vissuto il silenzio come tempo in cui prendersi cura di chi era nel bisogno.
Ave, donna di preghiera! Nella vita di Ave tutto scaturiva dalla preghiera, si nutriva di preghiera e portava alla preghiera. Nessuna organizzazione era fine a se stessa ma nasceva dalla sua preghiera personale e dal collegamento speciale che aveva con le monache di clausura. La preghiera di Ave era sempre abitata da tante persone e composta da tanti volti. Mai una preghiera banale, vuota, arida, lontana dalla storia.
Il suo legame filiale con la Vergine era costante. I pellegrinaggi a Lourdes erano una profonda esperienza di fede, di preghiera, di conversione e di comunione ecclesiale.
Ave, innamorata della chiesa! Tutta la vita vissuta a servizio della Chiesa. Sempre pronta a spendersi nelle attività diocesane: l’Azione Cattolica, l’Opera dei Tabernacoli, gli Amici del Seminario, il Sinodo diocesano, la nascita dei primi Piani Pastorali, l’animazione della diocesi, la formazione degli operatori pastorali… Instancabile nell’attenzione a chi era nel bisogno.
L’espressione alta del suo amore infinito alla Chiesa la esprimeva nell’attenzione ai sacerdoti: li portava sempre dinanzi a Dio nella sua preghiera, offriva ogni sua sofferenza e ne condivideva ansie e gioie.
Un’attenzione particolarissima merita il suo rapporto con il seminario. Capace di costruire futuro, comprese subito l’importanza delle vocazioni al presbiterato. Si spese con tutte le sue energie perché ogni ragazzo che arrivava in seminario potesse seguire la sua chiamata. Pronta al sostegno, disponibile all’insegnamento e soprattutto desiderava che il seminario fosse presente in ogni iniziativa e attività. Aveva compreso che la presenza del seminario era già proposta vocazionale.
Amò la Chiesa, senza lamentele o recriminazioni, anche quando le causò sofferenza.
Ave, donna eremita! Gli ultimi anni della sua vita li ha vissuti nel chiuso della sua casa: eremo e oasi di pace. Impossibilitata a camminare, continuò a essere vicina a tutti e a ciascuno: finché le condizioni di salute glielo hanno permesso, ha continuato a scrivere le sue lettere per dire la sua vicinanza in ogni ricorrenza e condividere gioie e dolori. Il suo telefono era sempre in funzione: telefonate brevissime e intense.
La sua gioia fu piena quando il suo eremo divenne luogo di celebrazione eucaristica. Accoglieva le persone che venivano a condividere il rendimento di grazie offrendo a ciascuna una parola, un sorriso e un abbraccio. Partecipava all’eucarestia con grande raccoglimento e sempre indicava al celebrante qualche persona per cui pregare in particolare. Quando le condizioni di salute non le hanno più permesso il dialogo profondo con le persone, il suo eremo l’ha accolta come grembo e a noi è mancata la sua parola e il suo sorriso.
Ave, donna del grazie! Tutte le occasioni erano buone per ringraziare. Ringraziava Dio perché l’aveva amata e scelta; ringraziava tutti perché di ognuno coglieva il bene, anche quando era difficile trovarlo. L’ultimo periodo della sua vita è stato un grazie continuo; come se non sapesse dire altro. Adesso che la sua contemplazione è piena e totale, Ave non dice più grazie ma è diventata il nostro grazie perenne a Dio.

Gaetano Montana