Dedicazione Cattedrale, arcivescovo Francesco: «Mi addolora l’indifferenza degli agrigentini»

«Venendo ad Agrigento vi dissi che sognavo la nostra Chiesa senza pareti e senza tetto però, credetemi, non desideravo quello che sta accadendo!». Sono queste le parole con cui, l’arcivescovo Francesco, ha iniziato l’omelia della Celebrazione Eucaristica per festa della Dedicazione della Cattedrale mercoledì 6 settembre. L’arcivescovo Francesco, per il sesto anno consecutivo, ha celebrato, alla presenza di un nutrito numero di fedeli, del clero cittadino e del Capitolo Metropolitano, sul sagrato della Cattedrale che, mentre andiamo in stampa è chiusa al culto da 6 anni, 6 mesi e 10 giorni.

«Anche quest’anno – ha precisato l’arcivescovo – siamo forzatamente fuori casa e questo dovrebbe convincerci a leggere questa situazione come se la Provvidenza ci invitasse a guardare la strada come nostro domicilio e dunque luogo privilegiato per la nostra pastorale. Ma, anche se dobbiamo attendere – ha proseguito l’arcivescovo riferendosi alla riapertura della Cattedrale – sono passati 6 anni, 6 mesi ed una decina ventina di giorni, questo non mi vieta di dire che è avvilente sentire da anni promesse da parte di chi deve prendere le dovute decisioni. È vero che qualcosa sembra muoversi anche se quello che si sta pensando non è risolutivo, mi riferisco alla messa in sicurezza della Cattedrale ma, non occorrono gli apparecchi elettronici di misurazione per rendersi conto della gravità della situazione».

Non intendo creare allarmismi inutili ma non posso non vedere le crepe diventare più evidenti, i pavimenti abbassarsi, i marmi spaccarsi. Se dovesse accadere l’irreparabile – ha proseguito l’arcivescovo Francesco – già mi immagino il balletto del discarico delle responsabilità. Saranno in molti interessati alla soluzione ad affermare “io lo dicevo che sarebbe accaduto ma gli altri…” e sarà un gioco a puntare il dito l’uno contro l’altro. A me spiace questo disinteresse di chi potrebbe fare qualcosa in più per la nostra Cattedrale. Però, vi confesso, che la cosa che mi fa più male è l’indifferenza degli agrigentini. Ho ripetuto più volte che la storia della Cattedrale non è solo il simbolo della storia della chiesa, ma anche di una città e di un territorio. L’insensibilità di tanti cristiani agrigentini, che non è meno grave dei responsabili cosa pubblica, mi fa chiedere: ma su cosa poggia la nostra fede di cristiani? Solo sulle tradizioni? Ma così, la fede, non rischia di diluirsi un po’ alla volta perché vengono a mancare i riferimenti necessari dell’essere famiglia di Dio? La Cattedrale è la chiesa del vescovo, che è colui che annuncia la parola di Dio, aiuta la comunità a crescere e camminare. Ecco perché è necessaria. Il punto non è una chiesa in più o in meno. Questa è la Cattedrale! Che tristezza sapere che in molti non l’hanno mai vista. Ecco perché mi spiego come è indifferente questa città verso qualcosa che oltre ad essere un bene artistico è anche un senso di fede».

 

Al termine della Celebrazione Eucaristica l’arcivescovo ha presentato a quanti hanno partecipato alla Santa Messa il seminarista Riccardo Scorsone in partenza per l’Albania dove completerà la formazione in preparazione all’ordinazione presbiterale. Ed ha invitato i presenti – “mi assumo io la responsabilità” ha detto l’arcivescovo Montenegro – a visitare la parte malata della Cattedrale. Così, in molti hanno potuto vedere con i loro occhi la navata Nord, generalmente non visitabile, e le ferite che sfregiano la Cattedrale.

Anche il parroco, don Giuseppe Pontillo ha commentato questi sei anni di chiusura del sacro edificio: «l’interesse concreto e fattivo è stato di pochi, basterebbe un solo dito della mano per dire di quanti!». «Sarebbe bene – ha proseguito don Giuseppe – che nelle prossime consultazioni elettorali i tanti politici agrigentini siano oculati nel non introdurre la Cattedrale nella campagna elettorale, perché alcuni potrebbero uscirne “feriti” per la loro assenza nel dibattito politico e amministrativo della Regione Siciliana».