Chiusura Giubileo della Misericordia – Video e fotogallery

Le luci del giorno sono calate da un po’ quando nella pienezza serotina del vespro, dalla sacrestia di Santa Croce ad Agrigento, inizia a snodarsi la processione introitale. Tutto è pronto per celebrare il banchetto delle nozze dell’Agnello. A precedere i ministri, l’icona dello Sposo, crocefisso e Risorto: in amore vale l’andare avanti. Ad attendere, un’assemblea festante, accorsa numerosa e da tutte le zone pastorali della diocesi. Ancora una volta, non pensiamo sia l’ultima, si canta, intonato dal coro diocesano, l’inno di questo Giubileo: «Misericordes sicut Pater».

Accade poche volte nel corso dell’anno liturgico che si dia un’epifania della Chiesa locale, questa è una delle rare occasioni. La Chiesa di Agrigento è chiamata a destarsi come le vergini della parabola; convocata, per l’arrivo dello Sposo, gli corre incontro: pronta come una sposa, adorna per il suo Sposo. È assemblea santa radunata intorno al suo vescovo, card. Francesco Montenegro, che è attorniato dai presbiteri, dai diaconi, dagli accolti, dagli attori della multiforme ministerialità e dal Popolo santo di Dio. L’oggetto della convocazione è duplice: la conclusione del Giubileo straordinario della Misericordia in diocesi e la consegna del Piano Pastorale Diocesano, unitamente alla Lettera Pastorale del Vescovo, per l’anno 2016-2017, e al Vademecum Liturgico-Pastorale. La Chiesa di Agrigento c’è e si vede.

Mentre il Vescovo venera l’altare, il pensiero non può non correre veloce alla Chiesa cattedrale: «malata» com’è, mostra una porta chiusa da troppo tempo, in barba a promesse, disinteresse civico e rimbalzi politico-amministrativi, eppure continua ad essere posta sul colle del vescovo Gerlando: segno tenace di una Chiesa che resiste all’usura del tempo e ai sommovimenti della crosta terrestre. L’intonazione del «Kyrie eleison» cade nel momento più appropriato. Della Misericordia divina non dubitiamo. La Porta Santa così come è stata aperta verrà chiusa, ma il pendere di Dio dalla parte dei poveri continuerà a voler essere «l’architrave» della Chiesa. Il canto del Gloria ci rincuora. La preghiera di colletta dà il tono alla festa. Vengono proclamate le letture di questa XXXIII domenica del tempo ordinario.

L’anno liturgico volge al termine e la Parola appena proclamata fa avvertire la tensione ineliminabile tra anticipo e pienezza escatologica, viviamo il tempo del «non ancora», nell’attesa che il Signore misericordioso giudicherà il mondo con giustizia. L’ozio è bandito decisamente, la carità operosa è il passepartout per il Regno. L’omelia è solenne. Gli interrogativi che il Vescovo suscita sono gravi. L’esortazione paterna è di andare oltre, di non appiattirsi sul già fatto. La tentazione di vivere in stato di nostalgia dei bei tempi che furono è sempre in sacrestia. La Chiesa, chiusa la porta giubilare, non può rimanere tra le mura del tempio, deve portare il Tempio tra le mura… della città, delle case, delle officine, dei bar… nel grande mare di internet, al tempo del Web 2.0

A fare da sfondo all’intera liturgia, posta davanti l’ambone, luogo dell’annunzio della risurrezione di Cristo, l’icona della «Traversata del lago di Gennesaret»: la Parola proclamata si visibilizza; il Mistero, a cui la tavola rimanda, trascende i colori e le linee che lo Spirito ha suscitato nel cuore, nella mente e nelle mani del diacono Tonino Nobile. Si professa la fede. Il Vescovo conclude: questa è la nostra fede. Questa è la fede della Chiesa. E noi ci gloriamo di professarla, in Cristo Gesù nostro Signore. La Scola intona il canto «Dove la carità è vera e sincera, la c’è Dio…», giungono le offerte liturgiche nelle mani del Vescovo, viene imbandita la mensa dell’Eucaristia. Nella patena che sorregge il pane e nel calice che contiene il vino, il celebrante non manca di mettervi i fratelli stritolati dalla morsa del precariato lavorativo, i terremotati, gli esclusi dai muri dell’odio e dell’indifferenza, i malati… tutti vengono presentati al Signore, ma tra tutti, primi dopo l’Unico, i poveri, soggetti della scelta preferenziale della Chiesa.

Tra i presbiteri si coglie l’emozione e la fatica di don Giuseppe Agrò, vicario episcopale per la pastorale. A don Rino Lauricella, responsabile del centro per il culto e la liturgia della Curia, tocca il compito di farci esercitare, ognuno a modo proprio, pienamente, consapevolmente, attivamente e fruttuosamente la funzione sacerdotale di Cristo Gesù.

Terminata la distribuzione della Santa Comunione, pronunciata l’orazione, con grande sobrietà e perciò bellezza, il Vescovo ringraziando il Signore per la moltitudine di benefici spirituali largiti nel corso di quest’anno giubilare chiude la Porta Santa e si leva alto il Cantico di Maria di Nazareth, al termine del quale cinque rappresentanti delle zone pastorali della nostra diocesi ricevono, a nome di tutti, il Piano Pastorale, la Lettera Pastorale e il Vademecum Liturgico-pastorale. La benedizione e il congedo chiudono la celebrazione. Il saluto alla Vergine non può mancare, Lei che è la Porta del Cielo, ora che la Porta Santa è stata sigillata dal vescovo don Franco, indica che tutto ha inizio, perché il Signore nella Chiesa Vergine-Sposa-Madre che è in Agrigento «germoglia» come l’albero della Vita nella primavera dello Spirito.

Alfonso Cacciatore

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