Convegno Nazionale Caritas, Card. Montenegro: “no alla Chiesa dei riti senza vita e delle pratiche stanche”

Un invito a “non essere più la Chiesa dei riti senza vita, delle tradizioni senza Vangelo, delle pratiche stanche, piuttosto, la Chiesa che fa esperienza del Risorto, che Lo incontra nella storia e che è capace di proporre la catechesi con il grande libro della storia – non solo quella scritta ma quella vissuta tutti i giorni – dove s’incontrano ragazzi che si bucano, donne che si prostituiscono, anziani che dipendono dal gratta e vinci, disperati che fanno ricorso agli usurai, mafiosi che fanno pagare il pizzo, uomini corrotti…”.

Lo ha detto, lunedì 18 aprile, il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente di Caritas italiana, nella sua prolusione in apertura del 38° convegno nazionale delle Caritas diocesane intitolato “Misericordiosi come il Padre. ‘Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso’ (Lc 6,36)”. L’incontro riunisce circa 600 tra direttori e collaboratori provenienti da 174 delle 220 Caritas diocesane in Italia e celebra quest’anno i 45 anni dalla nascita di Caritas italiana. Presente anche il direttore della nostra caritas diocesana Valerio Landri, insieme agli operatori caritas Loredana Federico, Simona Vella, Daniela pulci, Lorena Scalzo, Antonella patti e Giuseppe La Rocca.

La Chiesa di misericordia “compatisce, condivide e compartecipa più che dà cose – ha sottolineato -; esce dal recinto dei buoni e va nelle periferie, nei luoghi che Cristo ha preferito (le piscine, i pozzi, le strade, ecc.) fa la scelta dei poveri; preferisce una carità non da addetti ai lavori, ma di popolo, fedele ai mezzi poveri; propone nuovi stili di vita, economie di comunione e di condivisione”. “Il nostro è un Dio inquietante e scomodo, perché è tra noi e con noi – ha detto il card. Montenegro -. Ha la faccia da uomo. Ha fame, ha sete, è solo, è senza vestiti, è malato. Ce lo possiamo trovare tra i piedi”. Una Chiesa di misericordia è quindi una Chiesa “estroversa”, accogliente, “senza pareti e senza tetto, aperta a tutti, capace di accogliere tutti”.

Lampedusa e Lesbo ci interpellano. “I fatti di Lampedusa e di Lesbo – ha detto il cardinale Montenegro –  per noi cristiani sono molto di più.  Come comunità cristiane a volte stentiamo a pensare che questi uomini che passano con le barche sono Cristo che passa. Se trascuriamo l’uomo che soffre e muore tradiamo quello che il Signore ci chiede”. L’Arcivescovo ha ricordato “la storia più recente, nel Mar Egeo, in Grecia, ma anche quanto accade oggi nella nostra carissima Europa, in Ucraina, tra Armenia e Azerbaigian, nel nostro Mediterraneo, in Libia, in Terra Santa, e in tutti i teatri di fame e conflitti dimenticati, in aree di crisi del mondo, sempre più numerose e violente, a partire dalla Siria”. “Se ci sono popolazioni che si spostano – ha aggiunto – vuol dire che la storia cambia e noi siamo chiamati a diventare protagonisti, avere il coraggio di metterci in prima fila e aprire nuove frontiere, risvegliare le coscienze, anticipando i fenomeni e gli scenari futuri”.

La carità non è un gingillo. “La carità – ha detto il cardinale Montenegro – non è un gingillo da indossare ogni tanto, è la tuta di ogni giorno” e compito della Caritas “è aiutare il povero e aiutare la comunità a comprendere”.  Citando La Pira “teologo della città” il cardinale ha invitato a “riattualizzare e rivitalizzare le cinque vie indicate ai suoi tempi: il tempio, la casa, la scuola, l’officina, l’ospedale”. “Bisogna moltiplicare gli sforzi – ha affermato – e stimolare sempre di più la politica”. “Se i modelli di sviluppo sono ancora dominati dal mito della crescita indefinita e persiste una cultura individualistica dell’’ognuno per sé’ che crea ingiustizia e lascia morire e se gli uomini di governo e di potere non sono in grado di sottrarsi a questo mito e a questa cultura, le comunità cristiane non possono non sentirsi interpellate da questi fatti”, ha sottolineato: “Non è possibile costruire un futuro migliore senza pensare alla crisi ambientale e alle sofferenze degli esclusi, perché sappiamo che le cose possono cambiare”. Da qui l’invito a un’azione pedagogica, per creare una “cittadinanza ecologica” che “non si limiti a informare ma riesca a far maturare e a cambiare le abitudini in un’ottica di responsabilità”.

 

Leggi qui il testo integrale della prolusione del card. Francesco Montenegro