Cantiere delle idee, sulla via della comunione

Nella giornata di sabato 15 giugno — in forma ridotta rispetto al programma iniziale, dato il numero esiguo di iscritti — si è svolto il “Cantiere delle idee 3.0”. Una cinquantina di persone, tra delegati di alcune parrocchie e referenti di alcune aggregazioni laicali dell’Arcidiocesi, si sono riunite insieme all’Arcivescovo per l’appuntamento annuale che si propone di fare il punto della situazione e prevedere le tappe successive del cammino diocesano.

Dopo la preghiera iniziale, l’Arcivescovo ha manifestato la sua intenzione — già discussa con il presbiterio durante le assemblee zonali dello scorso mese — di rinnovare i servizi diocesani per l’animazione della pastorale e della ministerialità. Il Vicario per la Pastorale ha quindi delineato ulteriormente il provvedimento, chiarendo la suddivisione del territorio diocesano in tre settori (centro, est, ovest) e la costituzione per ciascun settore di un vicario episcopale per la ministerialità e la pastorale. Ha evidenziato, in particolare, i due principi della concentrazione e del decentramento, con i quali si tenterà di garantire una proposta ancora più organica e strutturata e di valorizzare e servire meglio il territorio e le sue periferie.

Terminato questo primo momento espositivo, i lavori sono proseguiti nello stile della narrazione e della sinodalità, per definire la proposta operativa per la continuazione del cammino intrapreso, tenendo conto del nuovo servizio dei vicari episcopali di settore e, soprattutto, della rinnovata intenzione di far sentire il centro-diocesi sempre più vicino al territorio.

Il resto della mattinata è stato interamente dedicato alla narrazione di prassi buone, a livello sia di comunità locali sia di servizi diocesani.

Sono stati proiettati due video-racconti, al termine dei quali i partecipanti hanno avuto modo di confrontarsi direttamente con i testimoni. Il primo ha avuto come protagoniste le comunità ecclesiali di Cammarata e San Giovanni Gemini, impegnate da alcuni anni in un progetto — primo nel suo genere, anche a motivo della particolare configurazione del territorio — di pastorale intercittadina. Nel secondo, l’equipe diocesana di Pastorale Giovanile ha riportato quanto proposto e realizzato quest’anno.

Nel suo intervento l’arcivescovo Montenegro ha ripresentato come sia ancora «evidente uno scollamento tra le comunità. Più che essere chiesa siamo parrocchie. Il Signore è morto sulla croce per farci chiesa non fondare parrocchia. Dobbiamo allenarci giorno dopo giorno – ha detto Montenegro – a costruire sempre di più unità e comunione, aprire porte, finestre per condividere con gli altri quello che abbiamo e prendere dagli altri quello che hanno diventa oggi una necessità. Il progetto pastorale o il piano pastorale non sono parola di Dio, possono essere sempre criticati e sistemati, sono un aiuto per raggiungere una meta, fare un percorso, però questa meta e questo percorso non sempre li desideriamo. Se è così gli strumenti non servono a niente, diventano un sovrappeso e non aiutano il cammino da fare». L’arcivescovo ha poi stigmatizzato un difetto di comunicazione che c’è all’interno del consiglio pastorale diocesano e all’interno del consiglio presbiterale che sono rappresentativi senza rappresentare. «Davanti a questa situazione – ha proseguito l’Arcivescovo – ho pensato di cambiare qualcosa nel governo (nel nostro vocabolario governo non significa esercizio di potere ma servizio di guida) della diocesi. La curia è mal vista da tutti, preti e laici, come se fosse l’Olimpo dove ci sono gli dei inavvicinabili. La curia non è questo ma è strumento che aiuta il vescovo a servire la diocesi. I direttori di curia sono collaboratori del vescovo, come lo sono i parroci a cui il vescovo affida una parrocchia; ma anche un laico deve sentirsi collaboratore del vescovo se è credente. Nella chiesa siamo tutti coprotagonisti, come in una grande famiglia ognuno deve fare la sua parte perché in questa porzione di territorio nella quale operiamo si realizzi il Regno. Allora ho pensato – ha detto in conclusione Montenegro – nell’organizzare i servizi diocesani per la pastorale e la ministerialità, di fare qualche cambiamento per dare organicità alla proposta di cammino unitario è per garantire maggiore vicinanza del centro alla periferia, migliorandone le relazioni».

Dopo la pausa pranzo, il pomeriggio è stato il tempo dei laboratori. I partecipanti, divisi in due gruppi, si sono confrontati su tre piste di riflessione, sulle quali anche il presbiterio si è cimentato durante le assemblee zonali del clero:

Quali fattori hanno contribuito a determinare la progressiva disaffezione nei confronti del cammino unitario proposto dal centro-diocesi?

Quali accorgimenti si potrebbero suggerire alla proposta dell’Arcivescovo di concentrare e decentrare i servizi diocesani per l’animazione della pastorale e della ministerialità, al fine di favorire una maggiore condivisione di un modello unitario di Chiesa e un maggiore senso di appartenenza all’interno del presbiterio e tra le comunità?

Su quali obiettivi a breve termine (un triennio) è opportuno concentrarsi e quali suggerimenti potrebbero aiutare il Vescovo, gli organismi diocesani e le realtà locali, nel comune impegno al servizio della comunione e della missione della Chiesa?

Dalla restituzione dei laboratori sono emersi diversi suggerimenti, di cui l’Arcivescovo e gli organismi diocesani terranno conto sia per definire ulteriormente la proposta di rinnovamento dei due servizi diocesani sia per portare avanti l’attuazione del progetto ecclesiale contenuto nel Documento-base.

Tra le principali cause della disaffezione nei confronti del cammino unitario proposto dal centro-diocesi si sono segnalate le seguenti: frammentazione tra le parrocchie, soprattutto di fronte all’esigenza di costituire unità pastorali; mancanza di collaborazione e comunicazione nel presbiterio; sfasamento nella programmazione a causa del ritardo della divulgazione del piano pastorale diocesano; non adeguato funzionamento dei consigli pastorali, che spesso si limitano a programmare attività piuttosto che sforzarsi di declinare il progetto diocesano nella realtà locale; mancanza di formazione e di sistematicità e continuità nella proposta formativa.

Riguardo alla proposta di rinnovamento dei servizi diocesani per la pastorale e la ministerialità, i gruppi di studio hanno manifestato un generale apprezzamento, ma hanno evidenziato l’esigenza di far comprendere al presbiterio e alle comunità, attraverso apposite assemblee, le ragioni della scelta e la sua effettiva articolazione, chiarendo competenze e ambiti di collaborazione e corresponsabilità. In particolare hanno suggerito di affiancare ai vicari di settore delle equipe, composte da operatori del territorio per le varie aree dell’animazione pastorale, che li possano aiutare ad accompagnare con più assiduità e competenza le comunità e i gruppi. Hanno richiesto inoltre che i vicari di settore siano itineranti, per rendersi presenti regolarmente nei comuni del settore di pertinenza e soprattutto nelle unità pastorali che hanno bisogno di maggiore sostegno. Hanno insistito infine sull’importanza della formazione congiunta per presbiteri e laici e sul recupero dell’identità e dell’azione dei consigli pastorali nei vari livelli.

In merito agli obiettivi a breve termine, a livello generale, si auspica l’affinamento dell’atteggiamento di uscita delle comunità per raggiungere il territorio e, prima ancora, la cura delle relazioni sia all’interno del presbiterio sia tra parrocchie dello stesso territorio. Più nello specifico si richiedono iniziative di comunione e formazione per il presbiterio, insieme a proposte di cammini unitari che coinvolgano preti e laici, parrocchie e gruppi, prevedendo interscambi soprattutto per garantire i servizi essenziali che in alcune parrocchie cominciano a mancare. Si ribadisce inoltre l’esigenza di puntare sulla qualificazione dei consigli pastorali per garantire una maggiore partecipatività di tutti alla vita e alla missione della Chiesa.