Aperta la Porta Santa all’Ospedale “Barone Lombardo”

L’arcivescovo di Agrigento, card. Francesco Montenegro ha aperto la porta santa dell’ospedale di Canicattì, un gesto simbolico, il “Barone Lombardo” è luogo giubilare fin dall’apertura dell’anno santo, ha richiamato centinaia di pellegrini da tutta la forania. Nella omelia, l’arcivescovo Montenegro ha spiegato ai presenti la motivazione che ha spinto papa Francesco ad indire l’anno giubilare della misericordia, il significato del passaggio dalla Porta Santa, specialmente quelle nei luoghi di sofferenza riferendosi soprattutto agli ammalati e a quanti quotidianamente operano nel nosocomio di contrada Giarre. «Per chi è malato – ha detto l’arcivescovo – il Giubileo significa sentire l’amore di Dio che conforta e aiuta. Cristo ha sperimentato in prima persona il dolore. Allora pensiamo a quel Bambino che sta con le braccia aperte e ci sorride e che poi cresciuto è morto sulla croce sempre con le braccia aperte. Quelle braccia aperte rappresentano un conforto per noi. Dio è presente per tutti, è presente anche nelle situazioni disumane. Anche lui gridò sulla croce e in quelle grida c’erano le nostre grida».

“Santuario della sofferenza” così ha definito il barone Lombardo l’arcivescovo Montenegro: «Laddove c’è sofferenza ogni luogo diventa sacro. Le corsie di questo ospedale sono luogo sacro, quindi con la stessa delicatezza con cui entriamo in chiesa dobbiamo entrare nei reparti. Ai malati dico di non perdere la speranza perché Dio è con voi. Ai medici dico di tenere aperta la porta del cuore. Amare significa abitare nel cuore degli altri». Poi rivolgendosi ai medici e al personale della struttura sanitaria l’arcivescovo ha sottolineato come «Siamo chiamati a fare qualcosa di più, non solo a svolgere bene il nostro lavoro perché quello lo dobbiamo sempre fare, ma a migliorare il servizio. Curare un malato significa accoglierlo. Se la mia professionalità non è “imbottita” di misericordia non ho fatto bene il mio lavoro. Convertirci alla misericordia è capire che l’amore non è dare la medicina giusta al malato, ma mettere il cuore in quello che faccio. La misura del nostro lavoro è quindi il cuore che mettiamo in quello che facciamo. Amare è sentirsi responsabili dell’altro. Se quello che faccio entra nel cuore degli altri è perché esce dal mio cuore. Voi medici, operatori di questa struttura continuate l’opera di Cristo. È Cristo che si muove in quelle corsie. Il mio cuore deve battere con il ritmo dell’amore”.

Ma il card. Montenegro ha voluto soffermarsi sulla condizione dell’ammalato e sulla solitudine con cui si trova a lottare «Com’è difficile fare il malato. Quando si entra qui quel pigiama mette a nudo l’uomo perché non può decidere più da sé e si ritrova nelle mani degli altri, di cui deve avere fiducia».

Così guardando ancora una volta agli operatori sanitari ha sottolineato: «Fare il Giubileo è capire che quelle barelle, quei letti, quei reparti sono la continuazione di questo altare. Le corsie non sono dei corridoi ma il prolungamento della strada di Emmaus, sono luoghi di dolore sì, ma possono esserlo anche di speranza, di sofferenza, ma anche di compassione, di solitudine, ma anche d’incontro. Che le vostre mani operose che stringono i malati sia quelle mani che stringono Dio”.

Prima della benedizione il cappellano don Gino Giuffrè ha ringraziato l’arcivescovo e ha comunicato ai presenti che da qualche mese è nato un gruppo di volontari, circa una cinquantina, provenienti dalle varie parrocchie e non solo, che dedicano la loro domenica ai degenti dell’ospedale donando una parola di conforto, un aiuto o anche un semplice sorriso ed ha ringraziato quanti giornalmente si spendono per gli ammalati, dai medici, agli infermieri, ai tanti volontari, compresi quelli dell’Ail, alle suore, colonne portanti della struttura, presenti da oltre cent’anni al “Barone Lombardo”.

Valentina Garlandi

Guarda il video: http://youtu.be/rzkOA_cW8XY