104ª giornata mondiale del migrante e del rifugiato: il messaggio di Papa Francesco

di Mariella Guidotti (nella foto),  Responsabile Migrantes – Arcidiocesi di Agrigento

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La Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (14 gennaio 2018) raggiunge quest’anno la sua 104.ma edizione ed è un’occasione per allargare lo sguardo sia in senso temporale che spaziale sulle migrazioni, restituendo loro le giuste proporzioni che rischiano di perdersi nell’hic et nunc quotidiano.

In senso temporale, la 104.ma edizione ne dice la storia, un percorso lungo più di un secolo in cui le migrazioni non sono mai cessate. La Giornata venne indetta nel 1914, poche settimane dopo lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Di fronte agli orrori della guerra, alla sequela di profughi e rifugiati, il Papa allora regnante Benedetto XV prese questa iniziativa per far crescere la Chiesa nell’attenzione a chi era costretto a lasciare casa e patria, legami ed affetti. Non solo profughi e rifugiati, ma anche migranti dall’Italia e dall’Europa che si riversavano a milioni nelle Americhe. Anche quello fu un fatto epocale.

Oggi cambiano le coordinate, ma molti elementi del profilo migratorio sono simili: fuga dalle guerre, dalla violenza, dalla miseria; viaggi difficili e rischiosi, naufragi, sfruttamento e quant’altro. Le cifre danno un’idea delle dimensioni attuali del fenomeno: 250 milioni di migranti nel mondo tra cui 22,5 milioni di rifugiati. Qualcuno lo ha definito il sesto continente. Tra questi 250 milioni ci sono i circa 5,5 milioni di italiani che hanno preso la strada per l’estero in passato e, con allarmante frequenza, negli ultimi tempi.

Questi movimenti di persone creano purtroppo in molti casi reazioni negative. Si assiste a difese, chiusure, politiche sempre più restrittive, fino all’erezione di muri e barriere: indice di malesseri diffusi di cui i migranti non sono in genere la causa prima, ma finiscono per diventare capro espiatorio.

Di questo si preoccupa la comunità internazionale. Le Nazioni Unite hanno lanciato da alcuni anni il Global Compact,con l’obiettivo di promuovere a scala globale la cultura della responsabilità sociale d’impresa: una cornice che riunisce dieci princìpi nelle aree dei diritti umani, lavoro, sostenibilità ambientale e anti-corruzione.

Anche la Chiesa è a fianco di migranti e rifugiati con innumerevoli iniziative a vari livelli. Soprattutto non manca la voce autorevole di Papa Francesco, particolarmente sensibile al loro dolore e fatica, sia nei difficili esodi sia nell’impatto di adattamento ai nuovi ambienti, in cui arrivano da stranieri non sempre graditi.

Proprio al percorso dei migranti da stranieri a cittadini è dedicato il messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato di quest’anno, che descrive il processo di integrazione in quattro tappe: accogliere, proteggere, promuovere, integrare. In tale processo, che può essere solo bidirezionale, le società di accoglienza giocano un ruolo di primo piano. I primi due steps (accogliere, proteggere) sono forse più intuitivi: la fragilità e vulnerabilità di chi arriva sulle barche attraverso il Mediterraneo è immediatamente percepibile, ma non basta. Senza la promozione della persona, infatti, senza un adeguato empowerment che consenta al singolo di sviluppare ed esprimere doti e capacità personali, non è possibile una vera integrazione. L’integrazione comincia dove si crea spazio di partecipazione alla costruzione del bene comune.

Nello stupendo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2018, Papa Francesco ha posto l’accento sulla presenza dei migranti e rifugiati e sulla convivenza comune. La vera pace è possibile solo nella relazione con Dio, e da lì si può estendere alle relazioni umane. Papa Francesco invita perciò a cambiare lo sguardo: “Alcuni considerano [le migrazioni] una minaccia. Io, invece, vi invito a guardarle con uno sguardo carico di fiducia, come opportunità per costruire un futuro di pace.

La sapienza della fede nutre questo sguardo, capace di accorgersi che tutti facciamo «parte di una sola famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale, come insegna la dottrina sociale della Chiesa. Qui trovano fondamento la solidarietà e la condivisione». Queste parole ci ripropongono l’immagine della nuova Gerusalemme. Il libro del profeta Isaia (cap. 60) e poi quello dell’Apocalisse (cap. 21) la descrivono come una città con le porte sempre aperte, per lasciare entrare genti di ogni nazione, che la ammirano e la colmano di ricchezze. La pace è il sovrano che la guida e la giustizia il principio che governa la convivenza al suo interno.

Abbiamo bisogno di rivolgere anche sulla città in cui viviamo questo sguardo contemplativo, «ossia uno sguardo di fede che scopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze […] promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia», in altre parole realizzando la promessa della pace.”

E’ l’invito a noi cristiani a lasciar cadere lo scontato (“si è sempre fatto così”) che rischia di chiuderci nei recinti rassicuranti ma anche asfissianti di spazi angusti, precludendo la possibilità di un’autentica apertura alla novità del Vangelo, alla sovrabbondanza dell’amore di un Dio che non possiamo mai contenere nelle nostre misure.

Leggi il testo integrale del messaggio di Papa Francesco